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Includendo 360, ad Ancona presentata la guida sulle disabilità. Aimati di Il Senso della Vita: «Serve una inclusione vera»

Presentata in anteprima nazionale la guida Includendo 360 per le famiglie con figli che hanno disabilità. uno strumento che racchiude tutte le informazioni necessarie, dagli aspetti legali a quelli sanitari fino al Dopo di noi

ANCONA – Dai primi segni che qualcosa non va nello sviluppo di un bambino, all’iter per il riconoscimento della disabilità quando la patologia e le difficoltà sono ormai state accertate, dal ruolo del terzo settore a quello della scuola, passando per il diritto al lavoro, la fiscalità, la tutela assicurativa e legale, per arrivare al “dopo di noi”. Sono tanti i temi racchiusi in “Includendo 360”, la guida pratica per la tutela delle disabilità presentata oggi alla Mole Vanvitelliana di Ancona.

L’obiettivo, è quello di colmare in un colpo solo il gap informativo esistente nell’ambito della disabilità, così da orientare le famiglie nella giusta direzione, migliorando la qualità di vita dei bambini e dei ragazzi con disabilità e quella dei loro genitori.

Il volume è stato presentato in anteprima nazionale nell’ambito di una due giorni di convegni nel quale si sono confrontati esperti, pediatri, terzo settore, mondo scolastico, ospedaliero e universitario, promossa dalla Società italiana di pediatria preventiva sociale e sostenuta dalla Società italiana di pediatria e dall’Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona.

Michele Caporossi, direttore generale Ospedali Riuniti di Ancona

Il direttore generale degli Ospedali Riuniti di Ancona, Michele Caporossi, che appoggia l’iniziativa ed ha organizzato i convegni alla Mole Vanvitelliana, sottolinea che si tratta di «un passo molto importante e uno strumento che ciascuno può usare e anche modellare sulle proprie necessità, perché la guida è disponibile anche online, dove si possono mano a mano aggiungere nuovi contenuti. È una rivoluzione epocale perché questo nuovo approccio consente di rimettere in discussione l’alterità del medico e del professionista sanitario, collocandolo cone agente sociale».

Secondo Caporossi le persone disabili «hanno bisogno di una strategia di presa in carico sociale, oltre che sanitaria, e questa guida aprirà le porte al futuro».

Marina Aimati

L’idea della guida è venuta ai genitori di Lorenzo, un bambino con disabilità, i cui genitori, entrambi medici, hanno deciso di racchiudere nel volume le informazioni utili e necessarie alle famiglie. «È la nostra storia, la storia di Lorenzo e della nostra famiglia, nasce tutto da li – racconta Marina Aimati, mamma di Lorenzo e presidente dell’associazione Il Senso della Vita Onlus – abbiamo adottato Lorenzo quando aveva quattro mesi, ma è come se avesse avuto un mese, perché era nato a 25 settimane di gestazione. Crescendo abbiamo scoperto la sua disabilità legata alla prematurità e da .li abbiamo iniziato la nostra avventura di vita e la nostra lotta».

Medico di medicina generale con un pediatra come marito, la mamma di Lorenzo, oggi 24enne, racconta che nonostante la professione di entrambi, «ci siamo trovati in grandissima difficoltà a mettere insieme tutte le leggi che vanno a tutela della disabilità e ci siamo resi conto che c’era la necessità di dare un aiuto a tante famiglie».

Un momento del convegno alla Mole di Ancona

Marina Aimati evidenzia che c’era la necessità di mettere insieme tutte le informazioni legate al mondo della disabilità e saperle interpretare, Includendo 360 oltre a riunire le informazioni utili alle famiglie ha riunito anche «tutta una serie di professionisti che finora non si sono mai confrontati tra loro», come medici, legali, mondo associazionistico e scolastico. «La disabilità – osserva – non è una patologia, ma è uno stato sociale che va affrontato in una maniera diversa rispetto a quanto fatto finora».

La mamma di Lorenzo fra le sfide più importanti dell’inclusione annovera la necessità di creare cultura e di colmare il vuoto assistenziale presente dopo la scuola: «Il primo ammortizzatore sociale è la famiglia insieme alla scuola, ma dopo il percorso scolastico c’è un vuoto sociale. Occorre cercare di fare inclusione dopo la scuola: credo che i centri diurni non siano la soluzione giusta, questi ragazzi non vanno ghettizzati, perché occorre mantenere quei progressi che con tanta fatica abbiamo ottenuto insieme ai nostri figli» anche con «grandi sacrifici economici perché le famiglie spesso si disgregano e le madri sono costrette a smettere di lavorare. Bisogna trovare spazi diversi – aggiunge – scuole aperte anche il pomeriggio, situazioni di inclusione vera, far lavorare i ragazzi normodotati con i ragazzi più sfortunati, non bisogna dividere, non ci sono categorie nella società, ci sono persone».