ANCONA – L’Intelligenza Artificiale è stata impiegata nel corso di un intervento eseguito in awake (da sveglio) su un paziente olandese presso la Divisione di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche per superare le barriere linguistiche. L’intervento è stato eseguito in equipe multidisciplinare nel reparto diretto dal dottor Roberto Trignani (Neurochirurgia dell’AOU delle Marche) con i neurochirurghi Stefano Vecchioni e Massimo Vissani, il neuroanestesista Edoardo Barboni e la neuropsicologa Silvia Bonifazi, esperti nelle procedure in awake.
L’uomo operato era affetto da una lesione cerebrale. Per l’intervento gli specialisti hanno adottato nuove tecnologie per migliorare il comfort del paziente, monitorare il livello di stress e superare le difficoltà correlate alla barriera linguistica del paziente; la sua prima lingua è l’olandese, la seconda è l’inglese. La lingua olandese è stata impiegata per agire sulla sua componente emotiva attraverso il visore di realtà virtuale (Hypno VR), la lingua inglese per facilitare l’interazione tecnica prima e durante la procedura.
Inoltre, attraverso un innovativo sistema di monitoraggio (ANI monitor), è stato utilizzato per la prima volta in Italia in un contesto di awake surgery per documentare anche gli effetti del visore sul paziente, un dispositivo che si propone come guida non invasiva per valutare il livello di stress, comfort e dolore del paziente.
«In queste speciali procedure – spiega il neurochirurgo Stefano Vecchioni – il paziente svolge un ruolo da protagonista, dunque è chiaro quanto sia fondamentale la comunicazione, per il necessario scambio di informazioni e sviluppo di relazioni che avvengono tra tutte le figure coinvolte prima durante e dopo l’intervento chirurgico. Trasformare il paziente in un soggetto attivo e consapevole durante l’intervento significa potenziare ogni sua risorsa, biologica, psicologica culturale e sociale».
Il responsabile della SOSD Neuroanestesia e TIPO, Edoardo Barboni, sottolinea il potenziale enorme dell’Intelligenza Artificiale in medicina: «L’utilizzo del visore ha permesso di modulare le diverse componenti, quella sensoriale, affettivo emotiva, cognitiva, attraverso una condizione immersiva con video e audio in lingua Olandese, fornendo al paziente la possibilità di avvalersi di una strategia in più per controllare l’emotività. L’efficacia di questa strategia è stata confermata dal fatto che il paziente ha richiesto spontaneamente più volte durante l’intervento di utilizzare il visore e il sistema di monitoraggio ha confermato una riduzione del livello di stress avvertito dal paziente durante l’intera procedura».
La dottoressa Silvia Bonifazi della SOSD Psicologia Ospedaliera evidenzia che «la relazione terapeutica utilizza altri canali oltre a quello verbale ed in questo contesto ovviamente hanno giocato un ruolo fondamentale anche la percezione della presenza, della partecipazione emotiva, dell’empatia e professionalità di tutto il team multidisciplinare».
Il paziente racconta: «Tutto è iniziato quando sono entrato in contatto con l’Ospedale Torrette di Ancona, dove ho preso un appuntamento con il dottor Roberto Trignani. Lui, insieme al neurochirurgo Stefano Vecchioni – che il paziente chiama affettuosamente Stephani -, ha avanzato il sospetto che io potessi avere un tumore sul lato sinistro del mio cervello. La situazione è progredita molto rapidamente, innanzitutto con un colloquio con il team medico, composto dalla psicologa dottoressa Silvia Silvia Bonifazi, il neurochirurgo dottor Stephani e il neuroanestesista dottor Eduardo Barboni: le loro informazioni e spiegazioni su quali sarebbero stati gli step successivi sono state molto chiare e mi hanno rassicurato fin da subito. La settimana successiva ho iniziato una preparazione – 3 appuntamenti alla settimana della durata di un’ora – durante la quale ho “imparato” a riconoscere delle immagini, contare e fare test questa preparazione tecnico-psicologica si è rivelata un passaggio fondamentale. Nel corso dell’intervento, il team medico è stato sempre al mio fianco e mi ha supportato costantemente. Fantastici. C’era anche della musica a disposizione per aiutarmi a rimanere tranquillo, ma soprattutto c’erano i medici, che mi hanno spiegato ogni passaggio dell’intervento con grande chiarezza. Vale la pena di sottolineare che io sono olandese e che sia la preparazione che l’intervento sono stati eseguiti in lingua inglese, ideale per me che ancora non ho un italiano così buono da affrontare una situazione del genere».
Il dottor Barboni conclude sottolineando che «il team multidisciplinare è finalizzato ad esaltare il fattore umano, fondamentale per l’esito terapeutico della procedura. Infatti non bisogna immaginare l’intelligenza artificiale come uno strumento che andrà a sostituire il medico: nel nostro approccio al malato le competenze, le nuove tecnologie e l’interesse per le nuove frontiere in tema di ricerca si integrano in un processo che al centro preveda la personalizzazione e l’umanizzazione delle cure».