ANCONA – Dalla diagnostica alla sala operatoria, l’Intelligenza Artificiale in medicina è già una realtà che va sempre più consolidandosi. Il suo impiego, a differenza di quanto si possa pensare, non è così recente, mentre è esploso negli ultimi tempi il dibattito sull’applicazione di questa tecnologia.
«L’applicazione dell’IA (Intelligenza Artificiale) in medicina risale agli anni ’60 ed è stata una delle prime assieme a quelle in ambito strategico e militare» spiega il professor Aldo Franco Dragoni, docente di Intelligenza Artificiale all’Università Politecnica delle Marche. Oggi l’IA è impiegata in moltissimi campi, solo per citarne alcuni le
automobili, gli smartphone, il web e molti altri. In medicina il suo impiego d’elezione è nell’ambito della diagnostica, ricorda il professor Dragoni, ma «la conoscenza introdotta nei sistemi di Intelligenza Artificiale all’epoca era grossolana così come lo erano i criteri per valutare l’incertezza».
Con il passare degli anni l’IA ha compiuto grandi progressi e oggi «la conoscenza introdotta è molto più ampia e raffinata che in passato, e le diagnosi sono più accurate anche grazie all’impiego della statistica e dell’epidemiologia»; ma questo è solo una della due anime dell’IA, quella basata sulla logica e sulla valutazione matematica delle
probabilità. L’altro impiego dell’IA in medicina si basa sull’addestramento delle Reti Neurali.
All’Università Politecnica delle Marche l'”AIRTLab” diretto dal professor Dragoni sta addestrando reti neurali ad associare immagini di TAC polmonari ai corrispondenti referti bioptici per permettere al software di ricondurre direttamente al dato radiologico la classificazione del tumore in esame senza passare per la biopsia. In questo senso l’AI permetterebbe di accorciare decisamente i tempi che intercorrono tra la diagnostica e il trattamento a tutto vantaggio della salute del paziente.
Il professore fa notare, però, che «un limite di quest’approccio neuronale sta nel fatto che lo possiamo assimilare all’addestramento di un ‘animale’: questo può arrivare a segnalare correttamente il problema nella maggioranza dei casi, ma non è poi in grado di spiegare la motivazione della diagnosi, ovvero non è in grado di fornire argomentazioni descrittive e logicamente comprensibili a suo supporto, semplicemente perché non ha un linguaggio che gli consente di formulare ed esprimere concetti».
Il limite generale dell’AI? «Il rischio è che in un futuro l’AI possa finire per sostituire gli uomini nelle loro capacità decisionali, anche in campo diagnostico.» Forse occorre una cornice normativa in cui collocare l’impiego di questi sistemi. In futuro, secondo Dragoni «l’Apprendimento Automatico continuerà a svilupparsi arricchendo il software di conoscenza ed esperienza, mentre l’esperienza e le conoscenze umane rimarranno sempre confinate in quanto acquisibile nel breve arco temporale di una vita».