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Istat, cresce occupazione. Ferracuti, Cisl: «Dati incoraggianti». L’economista: «Giovani penalizzati, devono mantenere due anziani»

La crescita è trainata dalle donne e dagli autonomi mentre non riguarda la fascia giovanile tra 25 e 34 anni.

ANCONA – Cresce l’occupazione a luglio, trainata dalle donne e dagli autonomi, ma l’incremento non riguarda i giovani. A scattare la fotografia è l’Istat. Rispetto al mese precedente, crescono sia gli occupati sia gli inattivi e diminuiscono i disoccupati. In particolare il tasso di disoccupazione scende al 6,5%, ma quello giovanile al 20,8%. Il numero degli occupati in Italia cresce del +0,2%, pari a +56mila unità in tutte le classi d’età, ad eccezione della fascia giovanile tra 25 e 34 anni.

Di contro però aumenta il numero di inattivi (+0,6%) tra gli uomini, le donne e i 25-49enni; diminuisce invece tra i 15-24enni e gli ultra cinquantenni. Anche confrontando il trimestre maggio-luglio 2024 con quello precedente (febbraio-aprile 2024) si osserva un incremento nel numero di occupati (+0,3%). La crescita dell’occupazione osservata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-4,5%, pari) e all’aumento degli inattivi (+0,5%).

Il numero di occupati a luglio 2024 supera quello di luglio 2023 del 2,1%, un aumento che coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età ad eccezione dei 15-24enni. Il tasso di occupazione in un anno sale di 1,0 punti percentuali. Rispetto a luglio 2023, scende il numero di persone in cerca di lavoro (-16,7%, pari a -334mila unità) mentre cresce quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,2%).

Parla di «segnali incoraggianti che vanno consolidati con una maggiore attenzione all’occupazione giovanile» il segretario regionale della Cisl Marche, Marco Ferracuti. Secondo il sindacalista «occorre utilizzare in maniera intelligente i fondi europei legandoli sempre di più ad un occupazione di qualità».

L’economista dell’Università Politecnica delle Marche, Mauro Gallegati, commenta la fotografia dell’Istat spiegando che l’aumento o la contrazione del Pil pro capite dipendono da due fattori, dalla produttività e dal numero degli occupati, «il problema dell’Italia – spiega – è che la produttività non cresce e questo comporta per i lavoratori stipendi bassi che a loro volta causano una contrazione della domanda interna».

Per effetto del calo della domanda interna «le imprese diventano più competitive – prosegue l’economista – e le esportazioni aumentano. Il calo della domanda interna è un fattore che sul lungo periodo penalizza -. dice spiegando che – occorre aumentare la produttività delle imprese». Sul fronte occupazionale il problema è rappresentato dal fatto che la popolazione sta invecchiando e «attualmente ogni giovane ‘deve mantenere’ con il proprio salario la pensione di due anziani».

E i giovani, sottopagati o disoccupati, emigrano all’estero per cercare lavoro. «Il fenomeno dell’emigrazione è rappresentato soprattutto da giovani, non solo laureati – spiega il professor Gallegati -. Non è solo una fuga dei cervelli perché i due terzi dei giovani italiani che emigrano all’estero sono diplomati o neet in cerca di lavoro». Guardando alle macro aree il Sud va peggio mentre il Centro e le Marche «vanno leggermente meglio del resto del Paese, ma non troppo. La lettura è in chiaro scuro – dice – ci sono alcuni dati positivi ma il lavoro quando c’è è poco pagato e i giovani sono quelli che se la passano peggio e questo vale anche per le Marche dove la maggior parte delle imprese sono piccole e devono reggere la competizione con Paesi come India, Cina e ex blocco Sovietico».

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