ANCONA – È «un grande successo per lo Stato italiano nella lotta alla mafia». Il sottosegretario all’Interno con delega all’antimafia Emanuele Prisco, ex coordinatore regionale di Fratelli d’Italia nelle Marche, ha commentato così l’arresto del boss mafioso e super latitante Matteo Messina Denaro. A porre fine ai 30 anni di latitanza del capomafia siciliano di Castelvetrano sono stati i carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
Il boss è stato arrestato all’interno di una clinica palermitana dove si stava sottoponendo a terapie. L’arresto è stato salutato dagli applausi ai militari del Ros da parte dei palermitani e delle persone che hanno assistito al blitz sfociato nella cattura del superlatitante.
Il capomafia, ultimo boss ancora ricercato, era stato condannato all’ergastolo perché ritenuto colpevole per decine di omicidi tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito ucciso per strangolamento e sciolto nell’acido dopo due anni di prigionia, per vendetta contro il pentito. Una morte raccapricciante, quella inferta al povero bambino, come raccapriccianti sono state le stragi del 1992, nelle quali hanno perso la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e gli attentati del 1993 a Milano, Firenze e Roma.
Un successo, quello dei Ros, che arriva all’indomani dell’anniversario dell’arresto del boss Toto’ Riina. Messina Denaro è stato rinchiuso in una struttura di massima sicurezza segreta, ma presto sarà davanti ai giudici. Intanto istituzioni e politica fanno quadrato e plaudono all’operazione, ricordando le vittime di attentati e stragi di mafia.
Emanuele Prisco si complimenta con «forze dell’ordine, magistratura e con le tante persone che ogni giorno, in silenzio, lavorano per difendere la legalità e la giustizia». «Sono fiero di ognuna di quelle persone che hanno dedicato la propria vita a dare la caccia ai mafiosi . dice -. Un pensiero a tutte le vittime della mafia, in particolare a quei tanti servitori dello Stato caduti in questa guerra».
La premier Giorgia Meloni ha proposto di rendere il 16 gennaio la Giornata della lotta alla mafia per celebrare la ‘vittoria’ dello Stato sulla mafia con l’arresto del boss. Prisco evidenzia che «non bisogna mai abbassare la guardia ed anzi proseguire, al fianco di magistrati e forze dell’ordine, la lotta senza quartiere alla criminalità organizzata. Sono particolarmente orgoglioso infatti che il primo provvedimento di questo esecutivo abbia riguardato proprio la difesa del carcere ostativo per i mafiosi, istituto voluto da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino».
Il commissario regionale della Lega Riccardo Augusto Marchetti ha commentato parlando di «una notizia che aspettavamo da trent’anni». «Grazie alle donne e agli uomini delle nostre Forze dell’Ordine che hanno condotto con professionalità e coraggio le indagini che hanno portato all’arresto di uno dei ricercati più pericolosi al mondo – aggiunge – . Un pensiero a tutti coloro che nel combattere la mafia hanno trovato la morte: i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il Generale Carlo Albero Dalla Chiesa, le donne e gli uomini della scorta. Oggi è la loro vittoria, la vittoria dell’Italia pulita».
Plauso anche dalla capogruppo in Consiglio regionale del Movimento 5 Stelle Marta Ruggeri la quale ha dichiarato «lo Stato non si è arreso, ha reagito ed è in prigione anche colui, Messina Denaro appunto, che è definito l’ultimo boss di Cosa Nostra. Ora l’auspicio è che si riesca a fare completa luce anche sull’anello mancante, le connivenze fra malavita organizzata e complicità politiche, in parte già accertate. Il tempo degli attentati e delle stragi sembra ormai lontano – ha osservato – ma le mafie continuano a essere pericolose. Meno sanguinarie rispetto al recente passato, ma più subdole, più sfuggenti. Sono un principio di corruzione che cerca di insinuarsi nelle istituzioni per condizionarle, che si infiltra nell’economia e nella finanza, forte di enormi guadagni accumulati con affari illeciti».
Secondo la pentastellata «la lotta per la legalità è al tempo stesso l’essenza e la difesa della democrazia: richiede una sorveglianza tenace, senza tregua. È l’attenzione inflessibile ai comportamenti corretti e giusti, è lo sforzo continuo di alimentare una cultura che, non mi stancherò mai di citare Paolo Borsellino, propaghi il fresco profumo della libertà e che sia estranea al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».