ANCONA – L’Italia è fanalino di coda in Europa per l’occupazione. Lo certifica l’Eurostat, che mette anche in evidenzia come il gap maggiore, rispetto al resto dei Paesi europei, riguardi soprattutto donne e giovani. Nonostante in Italia nel IV trimestre del 2024 l’occupazione registri una crescita, il divario con la media dei 27 Paesi Europei si attesta a 8,7 punti, in lieve crescita rispetto all’8,6 del quarto trimestre 2023. L’occupazione femminile è quella che mostra il divario più importante.
In Italia solo il 53,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni ha un’occupazione, contro un 71,3% di uomini occupati. Nei Paesi europei la percentuale di donne che lavorano ammonta al 66,3%. In pratica rispetto al resto dei Paesi Europei il distacco è di 13,2 punti in crescita rispetto al quarto trimestre del 2023 quando si fermava a 12,8 punti. Consistente anche il gap per quanto riguarda l’occupazione giovanile, ovvero nella fascia d’età 15-24 anni: mentre in Europa la media è al 34,8%, in Italia si ferma al 19,2%, con un distacco di 15,6 punti rispetto agli altri Paesi.
Nella fascia 25-54 anni solo il 64,6% delle donne italiane ha un’occupazione, contro un 77,8% della media europea, mentre l’occupazione maschile è decisamente più elevata (84,4%). Le criticità maggiori dal punto di vista lavorativo le incontrano le donne che si collocano nella fascia centrale d’età: a pesare sono soprattutto le difficoltà nel conciliare famiglia e lavoro, spesso a causa della carenza di aisili nido e di scuole a tempo pieno.
Rispetto al resto dei Paesi dell’Ue il distacco dell’occupazione femminile nella fascia d’età 55-64 anni ammonta a 10,6 punti: 49,2% in Italia, contro il 59,8 in Ue. Tra i 15 e i 24 anni il gap più elevato per le donne: 18 punti rispetto alla media Ue, 14,5% in Italia contro 32,5% in Ue. «Se del mercato del lavoro leggiamo gli stock piuttosto che i flussi emergono dati differenti – commenta il professor Francesco Orazi, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Univpm -. Inoltre se poi questi dati si compariamo con altri stati possono emergere anche altre considerazioni, come ad esempio che abbiamo tassi di occupazioni in grave ritardo».
L’Italia, dice, «è un sistema paese che mette insieme eccellenze e criticità profonde, mai sanate, e, inoltre, appare abitato da una classe politica priva di visione che parla di economia solo come strumento di consenso senza approfondirne complessità dei processi e contraddittorietà dei numeri. In Italia si investe poco e male in innovazione – prosegue – e il governo in carica farebbe bene a ripensare il ruolo e la funzione della ricerca e della conoscenza come leve cruciali per lo sviluppo economico. Al contrario mi pare che la maggioranza consideri le università e il mondo della ricerca una sorta di territorio abitato da nemici».