ANCONA – Nuova manifestazione del collettivo femminista Nate Intere di Ancona che ieri, 27 febbraio, è tornato a protestare davanti a Palazzo Leopardi e a Villa Igea ad Ancona, contro le dichiarazioni del capogruppo di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli che aveva parlato del concetto di sostituzione etnica in riferimento alla necessità di puntare su politiche di natalità e più recentemente aveva esordito affermando che nella famiglia naturale il padre detta le regole e la madre accudisce. Presidi e flash mob a suon di striscioni e frasi di protesta anche ad Ascoli Piceno, Jesi, Senigallia, Macerata, Tolentino, Recanati, Porto San Giorgio, Fano.
ANCONA
Una rivolta generale, nata in primis per le politiche adottate dalla Giunta regionale, che aveva precisato nel corso di una seduta del Consiglio regionale di non non voler consentire la distribuzione della pillola abortiva Ru486 nei consultori delle Marche. Una decisione che ha fatto infuriare i movimenti che difendono i diritti femminili.
Oltre ad Ancona, le donne di Ascoli Piceno, Jesi, Senigallia, Macerata, Tolentino, Recanati, Fano e Porto San Giorgio, armate di striscioni, hanno colorato le Marche dal nord al sud in previsione della mobilitazione regionale che si terrà il 6 marzo in vista della celebrazione della festa della donna. Un appuntamento che porterà le donne che lottano in difesa delle legge 194 a tornare in Piazza Roma ad Ancona per tenere accesi i riflettori sulla possibilità di dire no, anche se dolorosamente, ad un figlio. Inoltre il 4 marzo la rete femminista molto più di 194 terrà un webinar su autodeterminazione, lavoro e reddito e interverranno esponenti del movimento nazionale, inclusa Laura Cima fondatrice delle “Eco-Femminismo”.
«Stiamo lavorando per costruire in maniera strutturata una collaborazione con la rete Umbra, Piemontese e Abruzzese – afferma Loredana Galano di Altra Idea di Città – per creare un coordinamento extra regionale».
ASCOLI
Macerata, Tolentino, Recanati
«Negli ultimi mesi nella nostra regione, e non solo, il corpo delle donne è stato terreno di lotta di stigma e di cattive narrazioni. Una violenta propaganda che attacca le nostre libertà, il nostro diritto ad autodeterminarci e scegliere – affermano -. In una regione in cui la sanità pubblica e i consultori erano già stati svuotati per fare l’occhiolino al privato. Tutto questo in un contesto di crisi economica e sociale nel quale ancora una volta le donne sono le più colpite»..
«I diritti delle donne e il principio di autodeterminare, il concetto di famiglia sono parte della lotta che portiamo avanti da anni per tutelare la libertà di scelta sui nostri corpi» affermano.
JESI
SENIGALLIA
I movimenti femminili accendono i riflettori sull’obiezione di coscienza che rende una corsa ad ostacoli la possibilità di accedere all’aborto nelle Marche: su 137 ginecologi ospedalieri, 100 sono obiettori di coscienza, il 75%.
A Jesi gli obiettori sono dieci su dieci, a Fano nove su dieci, a Fermo dieci su undici, a Civitanova Marche otto su nove, a Senigallia sette su nove e ad Ascoli Piceno sei su otto. A Fabriano (tre su cinque), ad Ancona (quattordici su ventiquattro), a Urbino (sei su undici) e a San Benedetto del Tronto (cinque su nove). Inoltre evidenziano che «in nessun ospedale marchigiano i ginecologi non obiettori sono più dei ginecologi obiettori».