ANCONA – «Dobbiamo stare attenti perché nelle Marche c’è ricchezza e quando ci sono tanti soldi ci sono anche i soggetti mafiosi pronti ad infiltrarsi. Mafiosi per il sistema che utilizzano. Il rischio è sempre più concreto e ci sono già dei segnali».
Alla vigilia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario che si aprirà domani con la cerimonia ufficiale, parla così il procuratore generale Sergio Sottani, anticipando la sua relazione in odore di bilancio per l’anno appena trascorso e sottolineando come il pericolo di associazioni criminali che operano con il metodo mafioso è sempre più presente in vista anche della ricostruzione delle zone terremotate.
Per i procedimenti penali invece l’attenzione va soprattutto a quelli inerenti i reati di stalking, violenza sessuale e i maltrattamenti (+22%) che vedono come persone offese per lo più il sesso femminile. Sullo stesso segnale di guardia sono i reati informatici e contro la pubblica amministrazione (+59 %), la bancarotta e il falso in bilancio (+26%) e i reati legati al traffico di sostanze stupefacenti (10%) con grossi sequestri effettuati proprio nelle Marche.
E ancora, in sede di bilanci preoccupa la carenza di personale amministrativo e la sicurezza di alcuni edifici come il Tribunale di Sorveglianza di Ancona e gli uffici del Giudice di Pace definiti inadeguati per le caratteristiche degli stabili.
Per la durata delle cause si registrano tempi più brevi per il civile e anche per il penale con criticità dei processi però davanti al Tribunale in composizione collegiale. A Macerata va il dato peggiore, 268 processi pendenti al 30 giugno 2017 rispetto ai 229 del 2016. Non è da meno Fermo, con 172 processi pendenti al 30 giugno 2017, che in un anno ha definito solo 41 processi. A gravare su questi due tribunali è stato il reiterato turn over dei magistrati.
«C’è un incremento esponenziale – sottolinea Eugenio Cetro, presidente della Corte di Appello facente funzioni – di contenziosi in materia di protezione internazionale che gravano sul Tribunale di Ancona e sulla seconda sezione civile della Corte». Un aumento del 35% perché si è passati a 1.573 nel 2016 a 2.162 nel 2017.
RISCHIO MAFIA. «Il rischio di infiltrazione mafiosa – dice Sottani – è sempre più concreto, così come dimostrato anche dalla recente sentenza del Tribunale di Macerata che ha riconosciuto la sussistenza dell’associazione mafiosa in ordine ad un complesso processo concluso in primo grado il 22 gennaio scorso. Il pericolo ha subito un netto aggravamento a seguito del sisma dell’agosto e dell’ottobre 2016, per l’evidente attrattiva costituita dall’investimento economico nella fase della ricostruzione». Il procuratore parla di segnali già arrivati. Uno partito da Napoli e che riguarda gli appalti per la costruzione delle casette, le Sae (soluzioni abitative di emergenza), anche nelle Marche. L’altra è arrivata dall’Anac, di soggetti collegati alla camorra e già legati al territorio che riguardano i subappalti per la ricostruzione. E ancora il caporalato nei cantieri delle Sae, segnalato nel Maceratese da un sindacato.
«Insieme alla Procura distrettuale – continua Sottani – abbiamo chiesto di istituire un centro Direzione Investigativo Antimafia nel capoluogo di regione per il raggiungimento di adeguati obiettivi investigativi».
REATI. Nel 2017 sono stati 22 gli omicidi volontari in tutta la regione, 5 senza un colpevole. La pedofilia e la pedopornografia registrano un aumento del 4% con 74 casi. Lo stalking, aumentato del 22%, registra 524 casi. In salita i reati di rapina (+4%) con 479 casi, estorsione (+6%) con 393 casi. Impennata anche per l’autoriciclaggio (+63%) e il falso in bilancio (+595).
PERSONALE E CRITICITÀ. Solo tre unità amministrative negli uffici requirenti che non sono sufficienti. «Abbiamo una scopertura ancora di 40 unità – sottolinea Sottani – pari al 18%».
Intanto sono arrivate invece 13 domande per il bando da procuratore, dopo la partenza di Elisabetta Melotti, agli inizi di dicembre. Due degli interessati sono marchigiani. La nomina non avverrà prima dell’inizio dell’estate.
TEMPI DELLA GIUSTIZIA. Sia nel settore civile che nel penale i processi hanno subito una durata minore rispetto agli anni passati. «Non più di tre anni per il primo grado di giudizio – dice Cetro – e due per l’appello per quanto riguarda il civile». I tempi medi per fissare una udienza in appello, nel penale, sono di pochi mesi in caso di detenuti e massimo una anno e mezzo per i casi meno urgenti.