ANCONA – «Teatro luogo sicuro, fateci lavorare». È il grido di aiuto dei lavoratori del mondo dello spettacolo che si è levato questa (30 ottobre) da Piazza del Plebiscito, ad Ancona, dove hanno manifestato per chiedere attenzione e sostegno verso la categoria colpita pesantemente dai provvedimenti restrittivi imposti per la pandemia.
Oltre 300 tra cantanti, attori, danzatrici, tecnici di scena, operatori dei service, coreografi, registi e professori d’orchestra hanno chiesto un intervento urgente per l’intero settore, già penalizzato con le chiusure operate ancora prima del lockdown e da riaperture tardive, e che ora con l’ultimo Dpcm si vedeno costretti nuovamente ad uno stop.
La manifestazione a carattere nazionale, promossa dai sindacati confederati (Cgil Slc, Fistel e Uilcom), si è svolta in contemporanea nazionale nei capoluoghi delle altre regioni, per unire simbolicamente tutto il Paese come in un grande palcoscenico a cielo aperto. I manifestanti hanno inscenato uno spettacolo circense e poi sono stati ricevuti in Prefettura.
«Nelle Marche sono circa 6mila i lavoratori impiegati nel settore, la maggior parte dei quali sono precari» spiega Guido Pucci, segretario regionale Slc Cgil. Per questo la categoria chiede una riforma che possa portare al reddito di continuità, a diritti e tutele universali, come la malattia e la maternità spesso inesistenti. Inoltre chiedono alla Regione di «aggiornare la legge regionale sullo spettacolo – prosegue -, ferma al 2009 e di costituire un tavolo permanente con i rappresentanti sindacali e degli artisti, per individuare forme di sostegno», non solo per le realtà strutturate come Form e Marche Teatro, ma anche per le compagnie e i singoli artisti, fuori dal Fus, fondo unico dello spettacolo. Tra le proposte anche quella di istituire un osservatorio permanente, censire e assegnare gratuitamente gli spazi per tecnici e artisti, ma anche di individuare forme di sostegno come borse si ricerca per valorizzare gli artisti.
«Sono ancora molti i lavoratori che attendono la cassa integrazione», sottolinea Fabrizio Brecciaroli, segretario generale Uilcom. Per questo è attivo un tavolo nazionale con il ministro della cultura Franceschini nell’ambito del quale chiedono «l’attivazione di misure eccezionali per i lavoratori del mondo dello spettacolo perché sono tra le categorie più penalizzate. Abbiamo intere famiglie che sono allo stremo – prosegue – e che da marzo sono senza stipendio, inoltre c’è un indotto che vede migliaia di lavoratori che ruotano attorno a questo settore». Brecciaroli chiede il pagamento di cassa integrazione e fis perché «molte famiglie non hanno più i soldi per mangiare».
Una situazione che era già difficile per i lavoratori del mondo dello spettacolo e che la pandemia, con le chiusure, non ha fatto altro che accentuare. «Dopo anni di tagli – spiega Alessandro Gay, segretario regionale Fistel Cisl -, il mondo dello spettacolo veniva già da un periodo di grave crisi strutturale che la pandemia ha accentuato chiudendo con l’ultimo decreto i teatri che sono stati i primi ad essere chiusi all’inizio della pandemia». Chiusure ritenute ingiustificate dai sindacati e dai lavoratori, dal momento che secondo dati forniti dall’Agi si è verificato un solo contagio in questo settore.