ANCONA – È un marittimo straniero rimasto gravemente ustionato a seguito di un’esplosione avvenuta domenica scorsa a bordo di un peschereccio a Senigallia, l’ultima vittima sul lavoro nelle Marche. A pochi giorni di distanza, questa volta a Brandizzo, in Piemonte, nella notte tra mercoledì e giovedì, cinque operai sono stati uccisi travolti da un treno in transito. Vittime che non fanno che aggravare il bilancio dei morti sul lavoro.
Nei primi sei mesi di quest’anno in Italia sono 450 le morti bianche registrate, nello stesso periodo del 2022 se n’erano contante 463. La media è di tre morti al giorno. Una strage. Nelle Marche nei primi sei mesi del 2023 (gennaio – giugno) si contano 10 morti (dati Inail elaborati dall’Ires Cgil), nel 2022 erano 15. Numeri in calo del 33,3%.
Anche il dato degli infortuni nella regione registra un calo: nei primi sei mesi del 2023 ne sono stati denunciati 8.376, nello stesso periodo del 2022 erano 10.216, con una variazione del -18%. La fascia d’età più colpita è quella che va da 50 a 59 anni (2.004 infortuni da gennaio a giugno 2023).
Maglia nera per la provincia di Ancona che conta 2.847 infortuni, seguita dalla provincia di Pesaro Urbino (2.009), da quella di Macerata (1.791), Ascoli Piceno (1.097) e Fermo (632). Il settore dove avvengono più infortuni è quello del manifatturiero (1.256).
«I morti sul lavoro e gli infortuni sono in diminuzione, ma si tratta pur sempre di numeri altissimi che necessitano di politiche adeguate, sia a livello nazionale che regionale» commenta il segretario generale Cgil Marche, Giuseppe Santarelli.
Secondo il sindacalista occorre agire su entrambi i livelli. «Servono investimenti nella formazione e nella sicurezza dei luoghi di lavoro – dice – bisogna puntare sulla prevenzione e incrementare il numero degli ispettori addetti alla sicurezza».
Non solo, per Santarelli sono necessari maggiori controlli, non solo nei cantieri edili, anche per via della ricostruzione, ma più in generale nelle aziende di ogni settore produttivo. «Non si può continuare a morire sul lavoro» conclude Santarelli.