ANCONA – Niente riaperture serali per i ristoranti, almeno non per il momento e forse Pasqua a rischio per le zone in area arancione, dove i ristoranti possono lavorare solo con asporto. Nonostante il pressing operato a livello nazionale da Confcommercio e da alcuni governatori, fra i quali anche Acquaroli che le caldeggiava in zona gialla e bianca, compatibilmente con una situazione dei contagi più tranquilla, «il governo Draghi ha preso tempo» afferma Massimiliano Polacco, direttore di Confcommercio Marche Centrali.
«La decisione è stata rinviata visto il peggioramento dei dati, nella nostra zona e anche in altre aree in Italia» afferma Polacco, che però fa notare come l’impennata dei contagi registrata nelle ultime settimane nelle Marche, dimostra che la responsabilità di questa situazione non è da cercare nella ristorazione, tantomeno nel commercio.
«I dati che stanno dando seguito ad una terza ondata – prosegue -, mostrano come abbiamo sempre sostenuto, che non è colpa né del commercio né del settore ristorazione, credo che questo sia finalmente chiaro a tutti». La responsabilità, secondo il direttore di Confcommercio è da ricercare piuttosto, «nei trasporti e nella scuola». «Abbiamo dovuto soffrire mesi di chiusure per errori di valutazione commessi da altri, a causa di chi sosteneva che a scuola non ci sono i contagi, così come nei trasporti. I centri commerciali – conclude – sono chiusi da novembre il sabato e domenica, è ora di dire chiaramente le cose come stanno».
A lanciare un grido di dolore chiedendo ristori per la categoria è anche lo chef stellato e presidente Fipe Confcommercio (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) Moreno Cedroni. Con le Marche verso la zona arancione, dopo settimane in giallo, è un tira e molla continuo di apri e chiudi a livello nazionale, intriso di provvedimenti dell’ultimo minuto. I ristoranti in zona arancio devono restare chiusi e se anche la Pasqua saremo in questo colore le perdite continuano ad accumularsi, per giunta senza ristori.
«Non possiamo prendercela con nessuno se gli ospedali sono pieni – spiega Cedroni – quello che possiamo fare è cercare di stimolare le associazioni di categoria a chiedere ristori. Un grido di dolore che speriamo possa essere accolto perché la nostra categoria è martoriata».
Cedroni fa notare che il settore ha necessità di avere a disposizione le risorse anche per le manutenzioni e ricorda che «ogni operatore nutre la speranza di riaprire, una speranza che quando viene lesa porta a perdere grinta e felicità». Cruciale l’appuntamento della Pasqua, che il settore non vuole assolutamente rischiare di perdere, come avverrebbe con le chiusure imposte in zona arancione.
Preoccupati anche i ristoranti che lavorano in maniera stagionale. Marcello Nicolini dell’omonimo ristorante nella Baia di Portonovo chiarisce che con il decreto in scadenza il 27 marzo e la Pasqua a stretto giro di posta, il 4 marzo, «finché non avremo la certezza di un quadro migliore non riapriremo. Non possiamo saperlo pochi giorni prima, perché poi non ci sono i tempi per riaprire».
«Purtroppo non possiamo farci niente, – conclude – i contagi sono in rialzo, mentre l’anno scorso la situazione era in miglioramento, per via delle chiusure. Ora bisogna puntare sulla vaccinazione per uscire da questa situazione che incide sulla salute e sull’economia».
«Con l’asporto non ci si vive – osserva amaramente Elis Marchetti, chef e patron del ristorante omonimo presso il Conero Golf Club di Sirolo -: ad un anno dalla pandemia siamo ritornati alla stessa situazione a livello aziendale e anche quel minimo di “cassetto” che si poteva avere ora non c’è più, è sotto zero. Molte attività hanno visto crollare anche la speranza di riapertura e questo ci manda veramente in crisi».
Secondo lo chef è «vergognoso che siamo ancora in questa situazione, al di là del cambio di governo, i ristori, quando arrivano non sostengono le aziende. La situazione è ormai critica e il morale a terra: non abbiamo più prospettive, ci sentiamo presi in giro e invece di cominciare a vedere la luce, non vediamo mai la fine. Siamo stanchi e sfiniti da questa situazione».