Attualità

Plasma iperimmune, sperimentazione in 3 poli marchigiani. Ceriscioli: «Non abbassiamo la guardia, la pandemia può tornare»  

Ad essere interessati saranno gli ospedali di Pesaro, Ancona e Fermo. I donatori, potranno essere persone guarite dal covid-19 di età compresa tra 18 e 60 anni. Ecco tutti i dettagli della cura sperimentale

Plasma

ANCONA – Durerà sei mesi e verrà condotta presso gli ospedali di Pesaro, Ancona e Fermo la sperimentazione con il plasma iperimmune sui pazienti affetti da coronavirus. I dettagli del protocollo sono stati illustrati questa mattina nel corso della video conferenza alla quale hanno preso parte il presidente regionale Luca Ceriscioli, la responsabile regionale del Servizio Salute della Regione Lucia Di Furia, il direttore del Dipartimento interaziendale regionale di medicina trasfusionale Daniela Spadini, il direttore della Cinica universitaria di Malattie infettive di Torrette Andrea Giacometti, il rappresentante del Comitato Etico Massimo Marinelli.

Dopo il via libera di ieri da parte del Comitato Etico la sperimentazione può finalmente partire anche nelle Marche, mettendo fine alle polemiche suscitate nei giorni scorsi in seguito alla sospensione momentanea dell’iter, dovuta a richieste di chiarimenti sul protocollo, che da alcuni erano state lette come una bocciatura senza appello. Si tratta di uno studio multicentrico che vede la regione Toscana quale capofila, ha spiegato la dottoressa Lucia Di Furia, evidenziando che la terapia con il plasma delle persone guarite è «una terapia precoce che può dare grandi risposte» sul fronte dell’infezione da coronavirus, dal momento che «ad oggi ci sono poche formule terapeutiche valide».

Soddisfatto il presidente regionale Luca Ceriscioli che ha sottolineato che la Regione ha lavorato «dal primo giorno per questa emergenza all’insegna della massima trasparenza e chiarezza combattendo le fake-news che possono generare false speranze» ha dichiarato intervenendo sul fronte della polemica. Inoltre ha ribadito l’impegno della Regione nel garantire una informazione trasparente che «ha permesso ai cittadini di comportarsi correttamente». «Nessuno è escluso dalla sperimentazione» ha detto Ceriscioli, precisando «non abbassiamo la guardia, sappiamo che la pandemia può tornare, non ci interessa la polemica».

E nel merito della polemica è intervenuto anche il rappresentante del Comitato Etico che ha sottolineato come proprio grazie ai chiarimenti chiesti dal Comitato «il protocollo marchigiano ne sia uscito migliorato».

Da sinistra Spadini, Marinelli, Ceriscioli, Giacometti

Ad essere interessati dalla sperimentazione, come riceventi la terapia,  saranno circa un centinaio di pazienti selezionati tra quelli in fase di sviluppo della viremia, cioè che non hanno ancora raggiunto lo stadio più grave della malattia e che sono stati diagnosticati al massimo da 10 giorni circa ha spiegato il professor Andrea Giacometti, motivando il fatto che in stadi più avanzati «gli anticorpi sarebbero meno efficaci».

Per il reclutamento dei donatori si seguirà invece una doppia via, ha spiegato la dottoressa Daniela Spadini: quella dei donatori abituali, che avranno un percorso agevolato perché sono già periodicamente testati per escludere le patologie che si trasmettono attraverso il sangue (come epatiti, Hiv e Sifilide), e quella dei nuovi donatori che verranno sottoposti ad analisi approfondite per valutare l’idoneità alla donazione. I donatori, persone guarite dal covid-19 potranno essere reclutati solo fra quelli di età compresa tra 18 e 60 anni. Le donazioni verranno effettuate nei tre poli ospedalieri individuati (Ancona, Pesaro e Fermo), ma per agevolare i donatori questi potranno rivolgersi anche alle Avis o ai 12 servizi trasfusionali presenti sul territorio regionale per fare un pre-arruolamento nel quale verrà valutata l’idoneità anche per quanto riguarda il titolo anticorpale presente nel sangue. Inoltre la dottoressa Spadini ha spiegato che i 3 poli dovranno essere attrezzati con una strumentazione idonea utilizzata per la plasmaferesi (separazione del plasma sanguigno dagli elementi corpuscolati del sangue) la quale preleverà da una unica vena 200-250 cc di sangue. Infine ha sottolineato «l’importante slancio solidaristico» registrato nelle Marche dove tante persone hanno espresso la volontà di donare il loro plasma

Il professor Giacometti ha sottolineato che nonostante il calo dei contagi e dei casi gravi, la sperimentazione non perderà la sua importanza, evidenziando che sarà utile in caso di una seconda ondata epidemica, dal momento che «il plasma può essere congelato anche per un anno», inoltre ha evidenziato che «non è imprevedibile che il virus possa diventare endemico e quindi dare qualche caso durante tutto l’arco dell’anno» risultando utile anche nell’attesa e dopo la messa a punto di un eventuale vaccino prima che sia disponibile su larga scala. Insomma una terapia innovativa che ha già mostrato la sua efficacia. Il primario che, insieme ai colleghi degli altri ospedali marchigiani, ha seguito fin dall’inizio l’iter del protocollo spiega che «secondo il report dell’ospedale San Matteo di Pavia, dove il plasma iperimmune è stato sperimentato, ha mostrato una riduzione della mortalità dal 15 al 6%». Un dato che lascia ben sperare. Oltretutto come osserva il primario degli Ospedali Riuniti di Ancona, «anche nelle Marche la mortalità, che attualmente è del 14%, potrebbe essere abbattuta con l’impiego del plasma iperimmune al 6% come avvenuto a Pavia».