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Plasma iperimmune, al via il primo step per i donatori: test sui guariti dal coronavirus

I candidati verranno scremati sulla base del quantitativo di anticorpi neutralizzanti il virus, rilevato nel loro sangue. In settimana le prime donazioni. Parola agli esperti, Daniela Spadini e Andrea Giacometti

ANCONA – Sono partiti su tutti e 12 i centri trasfusionali del territorio regionale i colloqui e i test per valutare l’idoneità dei candidati donatori di plasma iperimmune. I guariti sono stati convocati per eseguire le analisi. I test permetteranno di scremare i volontari che hanno espresso l’intenzione di donare il proprio plasma, andando a verificare se il quantitativo di anticorpi neutralizzanti il coronavirus nel loro sangue è sufficiente per avere quell’effetto terapeutico che la sperimentazione mira ad accertare.

Colloqui e test rappresentano in pratica il primo step per procedere poi all’avvio del protocollo con la raccolta effettiva delle sacche di plasma che si completerà già in settimane nei tre poli ospedalieri impegnati nella sperimentazione: Marche Nord, Ospedali Riuniti di Ancona, Fermo. Sono una sessantina circa i potenziali donatori individuati sul territorio regionale un numero che verrà poi scremato sulla base dei livelli anticorpali rilevati.

Soddisfatta Daniela Spadini, direttrice del Dipartimento Regionale di Medicina Trasfusionale, per il coinvolgimento dei trasfusionisti e dei clinici: «Tutti i colleghi hanno accolto bene l’iniziativa e si stanno impegnando per applicare il protocollo, una volta eseguiti i test vedremo quanti saranno i pazienti idonei». Una risposta, quella relativa all’idoneità sul quantitativo di anticorpi neutralizzanti il virus, che arriverà subito.

Ma la dottoressa Spadini si dice soddisfatta anche per la messa in moto di una macchina complessa, quella della sperimentazione, che vede il coinvolgimento di una sessantina fra medici, infermieri, tecnici e personale di laboratorio. «Una organizzazione impegnativa che siamo arrivati a concretizzare» conclude la dottoressa Spadini.

Le unità di plasma una volta raccolte verranno congelate nei tre poli di riferimento. Al momento infatti non ci sono candidati per far partire la sperimentazione che secondo il protocollo avrebbe dovuto essere eseguita sui pazienti affetti da polmonite insorta da non più di 10 giorni, ma al momento a Torrette e negli altri ospedali della regione non sono più stati ricoverati pazienti con polmonite da oltre un mese. «È una buona cosa avere questa opportunità terapeutica nonostante adesso non serva perché l’epidemia si è placata – osserva il professor Andrea Giacometti, direttore della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti e responsabile del protocollo di sperimentazione – perché le sacche potranno essere conservate per un anno per essere utilizzate nel caso di una seconda ondata del virus o anche inviate ad altre zone che ne dovessero avere necessità».