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Protesta dei trattori, Fulgenzi: «La passione non basta per andare avanti. Serve prezzo minimo garantito»

Gli agricoltori contestano la concorrenza sleale dei prodotti importati da altri Paesi e la politica comunitaria. Un centinaio i marchigiani che saranno a Roma al Circo Massimo

ANCONA – Sono oltre un centinaio gli agricoltori che dalle Marche si recheranno a Roma, giovedì 15 febbraio, per partecipare alla protesta nazionale che si terrà al Circo Massimo. Una manifestazione che segue le proteste dei trattori avvenute nei giorni scorsi a Bruxelles e in diverse regioni italiane, Marche incluse.

Elisa Fulgenzi

Un gruppo, quello degli agricoltori marchigiani, che si è radunato tramite il passaparola su una chatt WhatsApp: «Avevo visto le proteste in Europa – dice Elisa Fulgenzi, titolare di una impresa agricola a Chiaravalle – condividendone le ragioni; ho parlato con due amici agricoltori e abbiamo decido di dare il via ad un passaparola su WhatsApp per vedere se anche altri potevano essere interessati, alla fine ci siamo ritrovati ad essere quasi in mille a condividere la necessità di manifestare per chiedere un cambiamento».

«Il prezzo di vendita» dei prodotti agricoli, «definito dalla catena della grande distribuzione è inaccettabile», spiega l’imprenditrice che coltiva grano. Gli agricoltori contestano la politica agricola comunitaria (PAC) e chiedono «al governo di essere supportati e sostenuti da finanziamenti».

Il punto nodale della questione è rappresentato dall‘impossibilità per i coltivatori di incidere sul prezzo che viene loro pagato. «Il prodotto italiano, rispetto a quello di altri Paesi, è di qualità superiore, ma la qualità ha un costo e quindi perde in competitività. Vogliamo che questa qualità ci venga riconosciuta».

L’imprenditrice agricola spiega infatti che la concorrenza dei prodotti importati da altri Paesi, nei quali non sono in vigore regole stringenti sull’uso dei fitofarmaci come quelle presenti in Italia, «penalizza i nostri raccolti e per gli agricoltori spesso buttare via il raccolto è meno costoso di raccoglierlo. Per questo chiediamo al governo di regolare il mercato della vendita con un prezzo minimo garantito».

Ormai, osserva «il Made in Italy alimentare non finisce quasi più sulle tavole degli italiani, ma è diventato una eccellenza per i ricchi che vivono all’estero». Una tendenza che gli agricoltori chiedono di invertire. Il settore sta attraversando una fase di crisi che va avanti ormai da alcuni anni, ma adesso «siamo arrivati al punto di non ritorno: o si cambia o si rischia la scomparsa dell’agricoltura».

«La passione da sola non basta – conclude – questo è un mestiere in cui non c’è sabato, non c’è domenica, non c’è festa e non ci sono ferie, eppure non si riesce più a guadagnare. Non si può lavorare solo per dedizione».