ANCONA – Crollano consumi e nascite, e cresce la povertà assoluta. È quanto emerge dal Rapporto Annuale dell’Istat, giunto alla 29esima edizione. Un report che evidenzia l’impatto negativo della pandemia, ma che presuppone anche un orizzonte più roseo grazie alle risorse del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza che secondo l’Istituto nazionale di statistica condurrà ad un innalzamento del livello del Pil.
Nel 2020 il reddito disponibile delle famiglie si è ridotto del 2,8%, azzerando quasi la crescita del biennio precedente e i consumi finali hanno subito una flessione del 10,9%, mai registrate dal dopoguerra. Ma a fronte della discesa della spesa, la propensione al risparmio è salita dall’8,1 al 15,8%.
In forte crescita la povertà assoluta che nel 2020 ha interessato oltre 2 milioni di famiglie (7,7% contro il 6,4% del 2019) e più di 5,6 milioni di persone. Ad essere crollati sono anche matrimoni e nascite. Nel 2020 si sono celebrati meno di 97mila matrimoni, quasi la metà rispetto al 2019, con un calo del 68% per le nozze con rito religioso e del 29% per i matrimoni civili.
Inoltre si è toccato un nuovo minimo storico di nascite e un nuovi massimo di decessi dal secondo dopoguerra. I nati della popolazione residente sono stati 404.104, in diminuzione del 3,8% rispetto al 2019 e di quasi il 30% a confronto con il 2008.
Il totale dei decessi registrati nel 2020 è stato pari a 746.146, in pratica rispetto alla media 2015-2019 si sono avuti
100.526 decessi in più (15,6%).
L’Istat stima per il 2021 una robusta ripresa dell’attività, dei consumi e degli investimenti, spinti anche dall’avvio del PNRR: la crescita del Pil dovrebbe essere del 4,7%.
Gallegati: «Demografia in decrescita da almeno 20 anni»
Sul tema della ripresa del Pil interviene l’economista Mauro Gallegati, docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche, allievo di Giorgio Fuà ed Hyman Minsky, oltre che visiting professor in diverse università, tra le quali Stanford, Mit e Columbia. «Il calo del Pil lo scorso anno è stato dell’8% – spiega – e questo significa che per arrivare ad un livello analogo a quello che c’era prima della crisi, dobbiamo aumentare del 9-10%. In ogni caso – fa notare – ci perderemo comunque la crescita del Pil di due anni, perché se non ci fosse stata la crisi legata alla pandemia».
Secondo l’economista la demografia in Italia «è in decrescita da almeno 20 anni e lo scorso anno, per la prima volta, il numero dei morti ha superato quello dei nati. Siamo un po’ invecchiati e questo si riflette sulle pensioni, perché adesso un lavoratore deve mantenere quasi due pensionati, mentre prima il rapporto era uno a uno».
Per effetto di questi cambiamenti sociali cambiano anche i consumi e questo si ripercuote anche sul Pil, perché «più una popolazione invecchia e meno si produce». Sul fronte dei risparmi, in aumento, il professor Gallegati rileva che «in condizioni di crisi le persone tendono ad accumulare, nella prospettiva di nuove crisi».
Cucculelli: «Gettate le basi per tornare ad una migliore vita economica e sociale»
Se il 2020 è stato «un anno molto difficile sotto tutti i punti di vista» per famiglie e imprese, «con modelli di vita e di consumo del tutto inconsueti e inattesi», durante questi mesi sono state anche «gettate alcune basi per tornare ad una migliore vita economica e sociale». È l’opinione dell’economista Marco Cucculelli. Il professore di economia applicata presso la Facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche e segretario generale della Società Italiana degli Economisti, sottolinea che l’impegno della comunità internazionale sul fronte dei vaccini «ha contribuito ad attenuare quello spesso strato di incertezza che ha immobilizzato per mesi le imprese e i cittadini».
Da un lato l’azione Europea «ha aiutato i paesi membri a definire progetti di ripresa con un’ottica più ampia e con minori costrizioni», mentre le iniziative nazionali «hanno favorito la discussione e stimolato l’impegno a favore di importanti linee di recupero sulle quali investire per il futuro. Il nostro paese ha varato un piano di interventi importante e innovativo. Tutto questo probabilmente non eliminerà il gap di sviluppo generatosi a causa della crisi sanitaria, ma certamente ne attenuerà le conseguenze sfavorevoli. E, auspicabilmente, ne eviterà anche una parte di quelle marcatamente negative».
Secondo l’economista il quadro internazionale appare in evidente recupero. «Gli scambi sono tornati a crescere, come anche la produzione industriale e i livelli di esportazione. Certamente sarà difficile mantenere i livelli di occupazione: ma con una economia in ripresa anche i temi più difficili potranno essere toccati».
Per le Marche, i numeri relativi alle attività produttive, esportazioni e occupazione «sono abbastanza preoccupanti, non solo perché peggiori – anche se di poco – di quelli delle altre regioni italiane, ma anche perché la crisi indotta dal Covid19 si è innestata su un percorso di riassetto del sistema economico condizionato in negativo da fattori estremamente rilevanti. Nel medio periodo, la stabilità del quadro politico regionale e la definizione di linee di intervento chiare e finalizzate faranno la differenza, come anche la fissazione di priorità nell’utilizzo dei fondi della nuova programmazione comunitaria».
Secondo Cucculelli la regione «ha fattori di vantaggio competitivo che si sono consolidati nel tempo e che sono guardati con attenzione da osservatori esterni e investitori. Tra questi, un fattore estremamente importante è la capacità di fare impresa, asset da sostenere e vivacizzare nel quadro più ampio di una politica economica che guardi allo sviluppo dell’economia e della società regionale».