ANCONA – Nei mesi estivi l’età media delle persone ricoverate con covid-19 all’ospedale regionale di Torrette «era scesa notevolmente a motivo dei numerosi giovani stranieri ricoverati, praticamente tutti lavoratori di cantieri navali e edili dove forse le regole di sicurezza lasciavano a desiderare o inquilini di abitazioni sovraffollate». L’infettivologo Andrea Giacometti evidenzia il dato che si discosta da quello nazionale, analizzando l’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità relativo ai decessi avvenuti in Italia da marzo a dicembre.
Il primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette spiega che i pazienti che nel periodo estivo erano ricoverati nel reparto «erano ragazzi di 30-40 anni», una realtà «anconetana, locale» che si discosta dalle medie nazionali «rimasta intorno agli 80 anni». Il calo dell’età era avvenuto dopo un primo periodo (marzo-maggio) in cui l’età si era mantenuta stabile intorno agli 80 anni, la stessa dei decessi registrati in Italia e nelle Marche.
L’altro dato saliente che emerge dal report secondo l’infettivologo è «il considerevole, direi eccessivo, uso di antibiotici che è stato fatto praticamente sempre e lo è ancora, data la minima flessione nell’ultimo trimestre. In effetti all’inizio – prosegue – si confidava molto sulla presunta efficacia anti-covid di farmaci quali l’azitromicina. Ieri, fortunatamente, l’Aifa ha emanato le ultime linee guida dove si specifica che gli antibiotici vanno utilizzati solo in caso di sospetta sovrainfezione batterica».
Anche in questo caso «i dati locali differiscono da quelli medi nazionali – spiega il professor Andrea Giacometti – , poiché noi, anticipando l’Aifa, abbiamo fortemente ridotto la somministrazione di antibiotici nei pazienti positivi al tampone per Sars-CoV-2. Attualmente utilizziamo questi farmaci solo in un terzo circa dei ricoverati». Inoltre pone l’accento sugli antivirali, evidenziando che «inizialmente in Italia sono stati usati in più del 50% dei soggetti» mentre «attualmente si è scesi al 10%». Il remdesivir, utilizzato a Torrette nella seconda ondata, fra gli antivirali in uso negli ospedali «è molto più facilmente accessibile» rispetto al passato «dietro opportuna richiesta all’Aifa, e quindi lo somministriamo praticamente a tutti i pazienti a gravità medio-grave».
Osservando il report nazionale, emerge che per ogni persona ricoverata il numero medio di patologie è di 3,6: il 3,1% del campione presentava 0 patologie, il 12,4% ne aveva 1, il 18,4% ne presenta 2, mentre il 66,0% del campione aveva 3 o più patologie. Le più comuni, ipertensione, cardiopatia, diabete, demenza, insufficienza renale, scompenso cardiaco, cancro, broncopneumopatia. Nel 90,8% delle diagnosi di ricovero erano presenti polmonite, insufficienza respiratoria, o sintomi come febbre, dispnea, tosse, compatibili con il covid-19. Nel 9,2% dei casi la diagnosi di ricovero non era da correlarsi all’infezione. L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente osservata (94,1% dei casi), seguita da danno renale acuto (23,7%), sovrainfezione (19,4%) e danno miocardico acuto (10,9%).
La maggior parte dei pazienti deceduti per covid-19 al momento del ricovero proveniva dal proprio domicilio (54,8%), il 22,7% da strutture residenziali socio-sanitarie o socio-assistenziali (Rsa, casa di riposo, hospice, reparti o strutture di lungo degenza, il 17,6% era stato trasferito da un altro ospedale e il 4,9% da altre strutture.