ANCONA – Stop agli ospedali unici provinciali voluti dalla passata Giunta regionale, si alla realizzazione e ristrutturazione di presidi ospedalieri e alla sanità diffusa sul territorio. Sono i punti salienti della riforma del piano socio sanitario regionale varata a maggioranza nella serata di ieri nell’ultima seduta del Consiglio regionale prima della pausa estiva.
La proposta di legge, ad iniziativa della Giunta regionale, ha ottenuto il via libera a maggioranza in Aula, dopo un lungo dibattito e diverse mozioni a firma dem, respinte.
A parte i progetti già avviati come il nuovo Salesi, il nuovo Inrca di Ancona e il nuovo ospedale di Fermo, che il provvedimento conferma, tra le opere di edilizia sanitaria individuate dalla Giunta Acquaroli come prioritarie, ci sono la realizzazione degli ospedali di Pesaro, Macerata e San Benedetto del Tronto, già finanziati.
Obiettivo della riforma, quello di superare la logica di accentramento dell’ospedale unico provinciale o di area vasta, puntando all’adeguamento delle strutture nell’ambito di una rete ospedaliera integrata, seguendo le nuove indicazioni contenute nel Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un primo step, quello approvato ieri, su una più ampia riforma del Piano sociosanitario.
Relatore di maggioranza del provvedimento il capogruppo di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli.
«Coerenti con noi stessi, con il nostro programma elettorale e a prescindere dalla crisi sanitaria originata dalla pandemia da Covid-19, iniziamo a implementare un modello sanitario che vede pari dignità fra tutti i cittadini delle Marche a prescindere da dove risiedano – il commento di Carlo Ciccioli, capogruppo di Fratelli d’Italia – . Esattamente il contrario di quanto scritto nel Piano Sanitario Regionale della sinistra e suonano come una canzone stonata le dichiarazioni del Gruppo regionale del Pd che, come sempre, si conferma abile nelle parole e debolissimo nelle azioni. Del resto, i marchigiani sono stati molto chiari nel mandarli a casa».
Ciccioli ha chiarito che passare dalla logica di ospedale unico per Area Vasta a quello di rete significa dare «una copertura sanitaria dell’intero territorio» in maniera «uniforme sia alle città della costa, che a quelle dell’entroterra, fino ai centri di montagna».
«I tempi si accorciano – prosegue – perché partiamo subito con la progettualità degli ospedali di Pesaro e Macerata, che sono già finanziati avendo una copertura finanziaria sufficiente tra i fondi nazionali e quelli del Pnrr. Il terzo ospedale nuovo che identifichiamo nella programmazione, che però avrà tempi più lunghi, è quello di San Benedetto, questa infatti è una struttura che ormai inizia a essere obsoleta come Pesaro e Macerata. Naturalmente, saranno anche completati in tempi rapidi: il nuovo ospedale materno infantile Salesi di Ancona, l’ospedale Ancona sud Inrca Ancona-Osimo, il nuovo ospedale di Fermo. Non più accentramento dei servizi ospedalieri onde ridurre la mobilità passiva, adeguando la dotazione di posti letto, implementando gli strumenti per la gestione del sovraffollamento nelle strutture di Pronto soccorso e coinvolgendo in modo attivo il paziente nel processo di cura».
Il Masterplan dell’edilizia sanitaria ed ospedaliera delle Marche, approvato dalla Giunta, prevede 40 interventi su tutto il territorio regionale. «Dopo decenni di mortificazione da parte della sinistra, ci avvieremo verso una sanità capillare. Questo atto tecnico, ma di grande valore certifica come questa maggioranza sia coesa, compatta e unità, nel condividere l’operato dell’assessore Filippo Saltamartini e di tutto l’Esecutivo» conclude Ciccioli.
Aspre le critiche da parte del Pd che ricorda i vincoli imposti dal Decreto Balduzzi. «Poteva essere una buona opportunità per discutere, soprattutto dopo aver vissuto la drammatica esperienza del Covid, come far fare un salto di qualità al nostro sistema sanitario, che non è tema di parte ma riguarda tutti i cittadini – ha detto il consigliere regionale del Pd Romano Carancini, relatore di minoranza – . Invece, non solo ancora una volta abbiamo riscontrato una chiusura totale da parte della maggioranza, ma, nel merito, non possiamo parlare neppure di una revisione organica, dato che la presunta riforma della destra si limita a modificare 18 righe su oltre 200 pagine di piano. Appena 18 righe dedicate esclusivamente alla riarticolazione della rete ospedaliera, in netta contraddizione con gli indirizzi della legge quadro nazionale, il cosiddetto decreto Balduzzi, che disciplina la presenza sul territorio delle strutture di base e di primo e secondo livello».
Secondo il dem «dati alla mano» l’accentramento «non esiste nelle Marche, considerata la disponibilità media di una struttura ospedaliera ogni 9 mila abitanti e una ambulatoriale pubblica o privata ogni 5 mila. Inoltre, su un atto politico così importante, ci saremmo aspettati un percorso partecipativo vero, capace di coinvolgere amministratori locali e il mondo della sanità con almeno una conferenza d’area vasta in ogni provincia. Invece, nulla. Anzi, laddove ciò è avvenuto come a Macerata, dove si era approdati a un accordo unanime per la realizzazione dell’ospedale di primo livello anche con il contributo dell’allora sindaco di Potenza Picena Francesco Acquaroli, si è cancellata con un colpo di spugna una decisione attesa da oltre cinquant’anni».
Per i consiglieri del Pd manca anche ogni riferimento al potenziamento della medicina territoriale. Il capogruppo del dem Maurizio Mangialardi ha affermato: «Dopo un anno e mezzo non hanno ancora capito che la pandemia da Covid-19 ha irreversibilmente cambiato il nostro mondo e, in particolare, il rapporto tra cittadini e sanità. Non ha alcun senso continuare a parlare di ospedali senza pianificare il ripensamento, nonché il rafforzamento della medicina del territorio, così come peraltro viene esplicitamente indicato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a cui sono vincolati i fondi che giungeranno dall’Unione Europea».
Secondo il dem il provvedimento, «oltre alla necessità di un ampio piano di assunzioni per potenziare le piante organiche delle nostre strutture sanitarie, doveva mettere al centro le vere criticità che l’emergenza sanitaria ha evidenziato nei territori, dovute al numero insufficiente di case di comunità, ospedali di comunità, centrali operative, servizi di assistenza domiciliare e telemedicina. Invece, come troppo spesso accade a questa giunta, la montagna ha partorito il topolino: un atto di pura propaganda politica, che non solo non risolve ma aggrava i problemi, e rischia di far perdere alla nostra regione risorse fondamentali».