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Rigopiano, di Michelangelo: «Ci aspettiamo una pena giusta per vittime, colpevoli e parenti»

Alessandro di Michelangelo interviene sulla fase processuale che ha portato al termine della requisitoria della Procura di Pescara nel processo per i 29 morti di Rigopiano, alla richiesta di condanne per oltre 150 anni

ANCONA – «Ho sempre creduto nella giustizia e nel lavoro della procura, sia come poliziotto che come fratello di una vittima, senza mai aver dubbi o momenti di sfiducia». Alessandro di Michelangelo, commenta cosi la fase processuale che ha portato al termine della requisitoria della Procura di Pescara nel processo per i 29 morti di Rigopiano, alla richiesta di condanne per oltre 150 anni.

Il 18 gennaio 2017 sotto il peso dela valanga che travolse l’hotel Rigopiano a Farindola, in provincia di Pescara, morirono 29 persone, tra le quali Dino di Michelangelo, poliziotto in servizio al commissariato di Osimo, fratello di Alessandro di Michelangelo, e la moglie di Dino, Marina Serraiocco, commerciante del centro storico osimano. Il figlio di nove anni, Samuel, si salvò miracolosamente (oggi vive con nonni e zii in provincia di Chieti).

Da quella tragedia per le famiglie delle vittime si è aperto un calvario. Dal processo si aspettano giustizia. Il 24 novembre in Tribunale c’erano e hanno indossato delle maglie (fuori dall’Aula) con i volti dei loro cari. A pesare oltre alla perdita di figli e fratelli, è la battaglia legale che si è aperta e aspetta la sua conclusione: la sentenza ci sarà il 17 febbraio 2023.

«Ci aspettiamo una pena giusta per tutti, vittime, colpevoli e per noi parenti, già ‘condannati’ senza appello il 18 gennaio del 2017», afferma di Michelangelo, «l’auspicio è che la giustizia faccia il suo corso e che vengano confermate le pene in toto». Secondo l’accusa tra i presunti responsabili ci sarebbero il Comune di Farindola, la Provincia di Pescara, la Prefettura e la Regione.

La pena più alta, 12 anni, è stata chiesta per l’ex Prefetto di Pescara, mentre 11 anni e quattro mesi sono stati chiesti per il sindaco di Farindola, e sei anni per l’ex presidente della Provincia di Pescara. «Sono soddisfatto delle indagini e dei loro frutti – dice – se ci fosse stato più scrupolo da parte di alcuni quel giorno, oggi non piangeremmo dei morti».

L’accusa rappresentata dal procuratore capo, Giuseppe Bellelli e dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, ha puntato il dito sulle responsabilità dei dirigenti comunali e provinciali nella gestione dell’emergenza e della viabilità sconvolta per il grave maltempo di quei giorni, e sui permessi urbanistici.