Ancona-Osimo

Rigopiano, il giorno della sentenza. I famigliari delle vittime: «La giustizia faccia il suo corso anche per le nuove generazioni»

Trenta gli imputati. Parla Alessandro Di Michelangelo, famigliare di una delle vittime. Ha perso il fratello Dino e la cognata

I volti delle vittime davanti all'ingresso del Tribunale di Pescara (foto di Gunther Pariboni)

ANCONA – I volti delle vittime della tragedia di Rigopiano campeggiano davanti all’ingresso del Palazzo di Giustizia di Pescara. È attesa per oggi pomeriggio, 23 febbraio, la sentenza di primo grado del processo per la tragedia dell’Hotel di Farindola, in cui morirono 29 persone, tra cui 6 marchigiani. Trenta gli imputati, tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura che crollò sotto il peso di una valanga il 18 gennaio 2017.

Gli imputati sono accusati a vario titolo di disastro colposo, omicidio plurimo e colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi. «Mi aspetto che la giustizia faccia il suo corso» anche per «far sperare alle nuove generazioni che nel nostro Paese tutto potrà essere amministrato con senso del dovere e responsabilità», dichiara Alessandro Di Michelangelo famigliare di una delle vittime.

L’ingresso del Palazzo di Giustizia di Pescara (foto di Gunther Pariboni)

Alessandro Di Michelangelo nella tragedia di Rigopiano ha perso il fratello Dino che era in vacanza con la moglie, anche lei inghiottita da neve e macerie. Il figlio invece si è salvato. A sei anni di distanza dalla valanga che ha spazzato via 29 vite, i famigliari si aspettano giustizia.

«Oltre alla giustizia – aggiunge Di Michelangelo, poliziotto come il fratello Dino che prestava servizio ad Osimo – , auspico che ci sia un atto di responsabilità da parte di chi deve decidere e sicuramente avrà già un suo quadro generale, quello che noi abbiamo già da tempo, e che oggi verrà finalmente acclarato da una persona al di sopra delle parti. È evidente che in quei giorni e soprattutto nei giorni successivi all’evento qualcosa non ha funzionato per il verso giusto, noi famigliari ci aspettiamo che sia accertato quanto accaduto».

«Con la sentenza di oggi – conclude Alessandro Di Michelangelo – spero solo di poter finalmente terminare il mio compito di fratello maggiore, figlio e zio e di poter finalmente trovare una mia pace».

Il Tribunale di Pescara (foto di Gunter Pariboni)