ANCONA – Il passaggio alla Lega dei consiglieri regionali Luca Santarelli (Rinasci Marche) e Simona Lupini (ex M5s, poi nel gruppo misto) e l’ipotesi di rimpasto della giunta regionale nel mirino del capogruppo del Pd Maurizio Mangialardi. Il dem parlando con i giornalisti a margine dei lavori dell’Aula ha parlato di una situazione che «squilibra i progetti per le marchigiane e i marchigiani perché dà l’idea di un governo regionale che non è in grado di guardare ai loro problemi ma solo alle necessità di poltrone di uno o di un altro pezzo e questa crisi, questa tensione, ne è la certificazione dopo le fughe della campagna elettorale e del passaggio in parlamento di assessori a ottobre scorso». Mangialardi ha anche sottolineato più volte in Aula la questione, al centro anche di una mozione d’ordine sul tema, che ha portato anche in Conferenza dei presidenti con la capogruppo M5s Marta Ruggeri.
Il presidente dell’Assemblea Legislativa delle Marche Dino Latini ha spiegato di aver inviato ai due consiglieri regionali, Santarelli e Lupini una lettera per sondarne le intenzioni. Una missiva «di moral suasion – ha spiegato -. Di più non si può fare, essendo il regolamento molto chiaro: la volontà deve essere dei consiglieri interessati per un cambio di gruppo, ritenendo che l’intendimento del gruppo di appartenenza non sia più quello con cui fanno attività politica e quindi nell’impegno della sua finalità di natura politica. L’articolo 19 del regolamento è molto chiaro – ha detto -, applicandolo probabilmente è una formalità che pesa, ma che indubbiamente deve essere rispettata perché ogni consigliere svolge il proprio impegno all’interno del gruppo e in generale secondo i suoi intendimenti e le sue inclinazioni. Non possiamo che rispettarlo».
Latini ha aggiunto che la lettera inviata «è qualcosa in più per sollecitare, in senso del tutto buono, gli eventuali interessati a far si che prendano la decisione se rimanere nell’attuale gruppo oppure cambiare gruppo». «Serve solo – ha concluso – a dare una spinta in più, di natura simbolica e senza ledere i diritti che sono sacri per chi svolge l’attività di consigliere regionale».