ANCONA – In Europa si inizia a sperimentare la settimana corta. Ci sono esempi in Spagna, Inghilterra, Belgio. In Germania, ad esempio, per i lavoratori del settore metalmeccanico è stata introdotta la possibilità di convertire il premio annuale in ore di lavoro da scalare, nel caso in cui ci siano esigenze formative o di cura. Alcune grandi imprese anche in Italia hanno avviato sperimentazioni sulla riduzione dell’orario di lavoro, ma per ora si tratta di pochissimi casi.
Innanzitutto, c’è da dire che la settimana corta è nata con l’ambizioso obiettivo di migliorare la qualità di vita dei lavoratori, aumentarne la produttività e affrontare problematiche come stress e burnout. Insomma, una migliore conciliazione tra vita lavorativa e personale andrebbe a migliorare il benessere dei lavoratori. Non solo, i benefici della settimana corta si estenderebbero anche all’ambiente, per la riduzione delle emissioni collegate all’attività lavorativa.
Detta così sembrerebbe facile, ma è veramente possibile applicare la settimana corta a tutti i settori lavorativi? Secondo la Cisl si tratta di un modello organizzativo attuabile e di cui si auspica l’applicazione nella manifattura. «Noi siamo pronti – dice Cristiana Ilari, segretaria regionale Cisl Marche – . Per noi la settimana corta è una sfida che va colta, anche nelle Marche, attraverso la contrattazione. Per la Cisl è una battaglia storica: lo slogan della Cisl di Pierre Carniti negli anni ’70 era ‘lavorare meno per lavorare tutti’ – ricorda – una nuova organizzazione del lavoro oggi è utile non solo per incrementare i livelli occupazionali, ma anche per affrontare le sfide legate ad una fase storica che vede una transizione digitale ‘spinta’ che richiede competenze».
In tal senso secondo Ilari, la settimana corta è anche un’occasione per dedicare parte del tempo alla formazione, elemento ormai imprescindibile per innalzare il livello delle competenze dei lavoratori e garantire maggior competitività per le imprese.
«La rivisitazione dei tempi di lavoro aumenta la produttività, aiuta la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro – prosegue la sindacalista – una esigenza non solo delle donne, ma anche degli uomini. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un numero molto alto di persone che scelgono di dimettersi dal posto di lavoro per passare ad un’altra occupazione, una scelta sempre più spesso determinata dalla necessità di ritagliarsi del tempo per la propria vita personale».
Ilari evidenzia un «cambiamento nella percezione dei lavoratori per quanto riguarda il loro rapporto con il mondo del lavoro». Secondo il sindacato bisogna uscire dalla logica per cui la produttività è legata solo alla quantità di tempo trascorso al lavoro, al contrario è legata alla qualità del tempo e ad un rapporto più positivo con il lavoro» conclude.
«Nel nostro Paese – dice Massimiliano Santini, direttore Cna Ancona – esistono già strumenti di contrattazione nazionale e di secondo livello che possono garantire una certa flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro del personale dipendente. Alcune aziende, in qualche caso, ricorrono alla settimana corta, permettendo ai propri dipendenti di lavorare dal lunedì al giovedì, restando a casa il venerdì, per recuperare in riposo compensativo le ore lavorate in più nei periodi di picco di attività».
Si tratta soprattutto, precisa la Cna, di «aziende strutturate, specie appartenenti ai settori della moda, metalmeccanica e della plastica, imprese che utilizzano l’istituto della flessibilità per garantire i tempi di consegna delle commesse, e che in questo modo gestiscono il lavoro svolto in più dai propri dipendenti, facendo recuperare la loro maggiore prestazione lavorativa settimanale in riposo».
Sull’applicabilità della settimana corta, la Cna spiega che «è più facilmente attuabile per quelle imprese, tecnologicamente più avanzate in grado di garantire a pari retribuzione un orario di lavoro ridotto, con sistemi di turnazione o pianificare la propria attività utilizzando gli strumenti contrattuali della flessibilità. Difficilmente le aziende più piccole possono attuare la settimana corta. In ogni caso ad oggi, nell’ambito dell’artigianato, la richiesta di sperimentare la settimana corta è piuttosto rara in quanto è più frequente il ricorso al lavoro straordinario».