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Sistema industriale, arretrano micro e piccole imprese. Iacobucci: «Informatica ed elettronica i settori più promettenti»

Alla Facoltà di Economia dell'Univpm, un convegno di approfondimento e riflessione, sui primi 20 anni del 2000. Ad aumentare è il peso dell’Industria, specie delle costruzioni

ANCONA – Nel primo ventennio degli anni 2.000 «le Marche, in piccolo, rispecchiano le debolezze del sistema industriale italiano: una grande presenza di piccole imprese e una scarsa presenza di grandi e medie imprese» in una fase storica in cui «cala l’occupazione nelle piccole imprese, mentre aumenta» nelle aziende di grandi dimensioni. È la fotografia del professor Donato Iacobucci, associato di Economia Applicata presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche e presidente della SIEPI, Società Italiana di Economia e Politica Industriale.

Oggi e domani (5 e 6 dicembre) ad Ancona, presso la Facoltà di Economia dell’Univpm, un convegno di approfondimento e riflessione, con la presenza di numerosi esperti italiani, sull’evoluzione dell’industria manifatturiera italiana e sulla sua situazione attuale, con un focus specifico sulle imprese. Iacobucci fa notare che l’Italia è stato il paese dell’area Euro che nei primi venti anni del 2000 ha visto il più basso tasso di crescita. Il divario di performance con gli altri paesi europei dal punto di vista produttivo, specie se a confronto con Paesi come Germania e Francia, è in stagnazione.

In pratica, «il sistema manifatturiero italiano, come anche quello marchigiano, ha mostrato difficoltà nel reagire e
nell’adattarsi ai cambiamenti e agli shock» poprio a seguito delle sue debolezze strutturali, legate alla preponderanza di piccole imprese, specializzate in settori a bassa e media tecnologia, nel caso specifico delle Marche, il Made in Italy «moda, calzatiure e mobili, settori penalizzati dalla concorrenza di Paesi meno sviluppati». Un altro aspetto che penalizza l’economia italiana e marchigiana è la prevalenza di aziende a controllo familiare. È in atto «una evidente fase di arretramento – prosegue l’economista – un declino relativo e assoluto» che si traduce in minore occupazione, minore innovazione e in «retribuzioni medie più basse di 20 anni fa».

A sinistra Donato Iacobucci a Cannes con il cluster della nautica insieme ai vertici della Regione Marche e dell’Autorità portuale (da sx Iacobucci, Antonini, Bruschini, Bussoletti, Minossi e Garofalo)

In quali settori si dovrebbero orientare i giovani aspiranti imprenditori? «La ricetta coincide con quella per il resto del Paese: favorire crescita, aggragazione e diversificazione settoriale delle imprese, perseguendo l’innovazione». Tra i settori più promettentio per le imprese e di conseguenza anche per l’occupazione ci sono «informatica ed elettronica», ambiti in cui dovrebbero orientarsi spinoff e start up, che all’Univpm possono trovare programmi e sostegno, ma occorrono risorse per favorire la crescita delle start-up, conclude.

I dati Istat

Nel 2022 a livello globale si sono accentuate le forti pressioni al rialzo dei prezzi già emerse a fine 2021, spinte dalla
ripresa della domanda e dalle strozzature nelle catene globali delle forniture. In particolare l’escalation del conflitto russo-ucraino ha determinato un aumento esponenziale soprattutto delle quotazioni delle materie prime energetiche.

Le principali banche centrali, a partire dai primi mesi del 2022, per moderare le forti pressioni al rialzo sui prezzi, hanno intrapreso un percorso di politica monetaria restrittiva. I tassi di riferimento Bce sono passati tra novembre 2022 e marzo 2023 dall’1,5 al 3%. L’Italia nel 2022 cresce più della media europea. Tra le maggiori economie Ue27, è seconda solo a quella della Spagna. La crescita del Pil è stata sostenuta, come nell’anno precedente, dalla spesa delle famiglie residenti e dagli investimenti fissi lordi.

A livello nazionale continua ad aumentare il peso occupazionale delle grandi imprese con + 250 addetti rispetto al 2021): dal 27% del 2011 al 28,3% del 2018, al 29,3% del 2021 (era il 26,8% nel 2001). Ad aumentare è il peso dell’Industria, specie delle costruzioni: 30,4% delle imprese e 36,3% degli addetti (era pari al 29,6% e al 36,0% nel 2018). Una dinamica attribuibile principalmente al comparto delle costruzioni, interessato dalle politiche di incentivi fiscali
(superbonus 110%): 12,0% delle imprese e il 7,8% degli addetti (a fronte del 10,7% e del 6,8% registrato nel 2018). Industria in senso stretto continua a diminuire (20,7% nel 2011, 18,9% nel 2018, 18,4% nel 2021.

Nel Paese si registra un rallentamento del processo di terziarizzazione delle attività produttive. Un gtrend riconducibile alle difficoltà incontrate dalle imprese di alcuni settori del terziario di tornare a livelli pre-pandemia. Si tratta, in particolare, delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento. La contrazione dell’Industria riguarda
esclusivamente le realtà industriali di piccole e piccolissime dimensioni che, nel complesso, hanno fatto registrare una perdita di 46mila occupati (-4,7% degli addetti tra le microimprese e -0,5% tra le piccole)
. Crescono invece le medie (+8,1%) e grandi (+9,1%) imprese dell’Industria in senso stretto e gli addetti in esse impiegati (+9,0% e +4,4%). Il bilancio occupazionale è dunque positivo per l’intero settore: +89 mila addetti rispetto al 2018 (+2,4%).

Nel 2021 le imprese industriali e dei servizi fanno registrare una crescita, del Valore Aaggiunto rispetto al 2019 dell’8,8% (21,6% rispetto al 2020). L’aumento del Valore Aggiunto è più elevato per le imprese più piccole. Rispetto al 2020: +24,1% nella classe 0-9 addetti, +27,7% per la classe 10-19 addetti e +24,7% nella classe 20-49 addetti. Sotto il 20% la crescita delle imprese più grandi: +18,1% nella classe 50-249 addetti e +18,9% nella classe 250 addetti e oltre.

L’80,9% delle imprese controllate da una persona fisica o una famiglia (erano 75,2% nel 2018). Il fenomeno è particolarmente diffuso tra le microimprese (nell’83,3% dei casi), mentre risulta meno frequente tra le piccole (74,5%), le medie (58,8%) e grandi unità (41,6%). La presenza di imprese familiari è più diffusa tra le imprese manifatturiere (81,2%) – in particolare nei settori tradizionali del tessile, abbigliamento e calzature, nell’alimentare e nel legno – nel comparto delle Costruzioni (82,4%), e nei Servizi tra quelle del commercio (84,4%) e dell’alloggio e ristorazione (87,3%). La gestione dell’impresa è affidata nella maggior parte dei casi all’imprenditore stesso o a un membro della famiglia
proprietaria tuttavia si ricorre a un manager interno o esterno all’impresa soprattutto nelle imprese di medie (10,4% delle unità considerate) e grandi dimensioni (21,3%).

Guardando ai dati relativi alle filiere produttive, al primo posto per numero di imprese, con oltre 200mila unità (circa il 20% delle imprese con oltre 3 addetti) la filiera Agroalimentare. Segue “Altra filiera” (18,4%), Edilizia (16,2%), Turismo
(12,9%), Mezzi di trasporto su gomma (circa il 10%). Importanti in termini di valore aggiunto anche altre filiere: Fornitura di energia, Produzione di apparecchiature elettriche industriali e macchinari generici, Farmaceutica e prodotti per la cura di persone, animali e case.

Si consolida l’autofinanziamento delle imprese: in crescita rispetto al 2011 e al 2018. Passa dal 60,4% nel 2011, al 74,5%
nel 2018 e quindi all’80,3% nel 2022. Segue il finanziamento bancario, in netto calo rispetto al 2011 e al 2018, sia il medio-lungo termine (42,2% nel 2011 e 28,2% nel 2022), che a breve (36% nel 2011 e 11,5% nel 2022). In calo del 2,1% le imprese che innovano (rispetto al 2018), mentre sono in crescita quelle che sperimentano soluzioni digitali: soluzioni cloud, ovvero in remoto, per il deposito o l’elaborazione dei dati aziendali, che cresce in modo significativo nel periodo in esame. Passa dal 18,1% nel 2018 al 40,8% nel 2022 per le imprese con almeno 10 addetti. La diffusione di queste soluzioni ha raggiunto, nel 2022, il 26,5% anche tra le imprese con 3-10 addetti. Parallelamente registra un calo il numero di imprese che delocalizza.

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