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Stop alle pubblicità sessiste e basate su stereotipi di genere. Ecco cosa dicono Non Una di Meno e Arcigay

Lo stop è arrivato dal decreto Infrastrutture approvato nei giorni scorsi al Senato, con il via libera all'emendamento Pd-Italia Viva. Le reazioni dei movimenti per i diritti

Cartelloni (Foto di mar_qs da Pixabay)

ANCONA – Mai più pubblicità sessiste. Lo stop è arrivato dal decreto Infrastrutture approvato nei giorni scorsi al Senato, con il via libera all’emendamento Pd-Italia Viva. In pratica d’ora in poi sarà vietato affiggere sui cartelloni a bordo strada e sui veicoli circolanti, qualsiasi forma di pubblicità dal contenuto sessista, violento, o basato su stereotipi di genere offensivi o su messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica o discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche.

Una rivoluzione nel mondo della pubblicità che sancisce un taglio netto con il passato. «La protesta su questo di Fratelli d’Italia, che parla di nefasta ideologia gender e di una sorta di Ddl Zan mascherato è lo strascico che ci portiamo da tempo – sostiene Marte Manca, attivista del movimento per i diritti “Non Una di Meno” – Non per altro l’esultanza alla votazione al Senato ha indignato la gran parte del Paese moltiplicando le proteste in Piazza in risposta a questa pagina ignobile della politica».

Marte Manca interviene durante un presidio ad Ancona, in Piazza Cavour (foto di Jessica Pascucci)

Una battaglia, che secondo l’attivista è importante per due aspetti. «Il sessismo e la discriminazione sono un problema strutturale di una società ancora maschilista e patriarcale. Risulta ancora troppo evidente che spesso gli spot associano il corpo delle donne al prodotto come fosse proprio questo il “bene” da acquistare. Oltre il fatto che in questi anni come Non Una di Meno più volte siamo intervenute per denunciare sui messaggi pubblicitari sessisti, stereotipi sulle donne, contenuti razzisti e discriminatori. Si pensi al cartellone contro le adozioni delle coppie omosessuali in cui FdI esponeva una coppia lesbica e gay opponendosi alla dicitura genitore 1 e 2, la polemica sollevata per una nota marca di gelato che nello spot includeva le coppie di ogni orientamento sessuale».

Marte Manca ricorda che la polemica sollevata da «alcuni cartelloni Pro-life» che «paragonavano la pillola abortiva ad un “veleno” diffondendo pericolose fake news. É da notare come la destra sia ossessionata ogni volta che si cerca di far passare una tutela verso le persone discriminate e soprattutto verso le identità di genere. É da notare come vada in escandescenze ogni volta che si nomina la parola gender, resa oggetto di una crociata».

Fra i temi dell’emendamento, passato al Senato, c’è anche quello dell’identità di genere che era stato al centro dello scontro politico legato al Ddl Zan, affossato a Palazzo Madama. «Una legge che metteva i presupposti per garantire ulteriori tutele alle soggettività discriminate e marginalizzate, includendo la violenza di genere contro le donne, che in questo paese è una piaga sistemica che non si vuole risolvere. Questa é una ulteriore prova che la posizione della destra non vuole assolutamente far progredire questo Paese, inchiodandolo agli ultimi posti in materia di diritti civili per quanto riguarda le donne, le persone disabili, le persone LGBTQIAP+, le persone razzializzate. Per questo noi continueremo a denunciare ogni tipo di pubblicità che veicoli messaggi denigratori».

Matteo Marchegiani, Arcigay Comunitas Ancona (Immagine di repertorio)

Parla di «norma di buon senso» Matteo Marchegiani di Arcigay Comunitas Ancona, che accusa i movimenti Pro-life di «utilizzare spesso messaggi atti a farsi attaccare per ottenere visibilità» fra i quali cita quelli sull’«utero in affitto», un tema che questi movimenti «legano alla comunità Lgbt che non è l’unica parte di popolazione interessata da questo tipo di applicazioni scientifiche, dal momento che la maggior parte delle persone che accedono a queste terapie per facilitare la riproduzione – osserva – in realtà sono coppie eterosessuali».

«L’utero in affitto in Italia è un reato – puntualizza – per questo noi non promuoviamo assolutamente questo tipo di tecniche». Aggiunge inoltre che l’altro tema cavalcato dai movimenti Pro-life è quello della cosiddetta teoria gender «una teoria cospirazionista nata in gruppi di estremisti Cattolici, che oltretutto è inesistente e inconsistente. Non sappiamo di che si tratti e in ogni caso noi ci occupiamo dei problemi concreti delle persone».