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Trend Marche, nel 2023 il 3,5% delle imprese artigiane ha cessato l’attività

La flessione più consistente l'ha fatta registrare il commercio (-1.678 imprese) seguito dall'agricoltura (-1.369). Cruciale investire e innovare

Da sinistra Gregori, Foresta, Favaretto, Acquaroli, Silenzi, Longhi

ANCONA – Sono state 4.861 le imprese artigiane che nel 2023 hanno cessato la loro attività nelle Marche, il 3,5% del sistema produttivo regionale. È la fotografia scattata da TrendMarche, l’osservatorio sulla micro e piccola impresa marchigiana realizzato semestralmente da Cna e Confartigianato Marche, con il contributo di Intesa Sampaolo e la collaborazione dell’Università Politecnica delle Marche e dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. In Italia il calo registrato è stato dello 0,6% del totale.

La flessione più consistente l’ha fatta registrare il commercio (-1.678 imprese) seguito dall’agricoltura (-1.369) e dalle costruzioni spinte comunque dai bonus e dalla ricostruzione post sisma. Nell’ambito del manifatturiero il calo del numero di imprese ammonta a -636 unità, il 10% delle quali fanno parte del settore abbigliamento (-174 imprese). Seguono il calzaturiero con -118 imprese e il comparto legno e mobile (-70 imprese).

Nel settore dell’alloggio e della ristorazione hanno chiuso i battenti 256 imprese e 188 nel settore dei trasporti. Se da un lato cala il numero di lavoratori indipendenti – autonomi e Patita Iva (-12.428) – parallelamente cresce il numero dei lavoratori dipendenti che segnano + 32.610 unità.

Il presidente della CNA Marche, Paolo Silenzi, parlando con i giornalisti a margine della presentazione del report, ha rimarcato la situazione congiunturale, evidenziando che le imprese che hanno chiuso i battenti sono state quelle che «subito dopo il post Covid hanno fatto fatica ad innovarsi, ad investire e a rimanere sul mercato» mentre chi ha innovato e investito «raccoglie i frutti». La pandemia, l’inflazione, le guerre, le imprese hanno dovuto «reinventarsi».

Secondo Silenzi compito delle associazioni di categoria è quello di sostenere l’apertura di nuove imprese e in tal senso ha spiegato che occorre «puntare sulle startup innovative, che sono tantissime, sulla facilitazione dell’accesso al credito, specialmente in fase di apertura», ha poi sottolineato la rete fra associazioni di categoria, Camera di Commercio delle Marche, Confidi Unico e con la Regione Marche per valorizzare e dare nuove opportunità.

Il vice presidente di Confartigianato Imprese, Paolo Longhi, ha parlato di «un 2023 in chiaro scuro» a causa dei conflitti internazionali, ma anche del caro energia che nelle Marche, regione manifatturiera hanno inciso molto, ma «riusciamo comunque a venirne fuori, perché c’è tanta voglia di fare e c’è anche resilienza». «Anche se cresciamo poco – ha detto – cresciamo dello 0.4% e ci sono anche degli aumenti di personale, quindi evidentemente c’è domanda da parte delle imprese, si vorrebbe fare di più, ma dobbiamo vedere il bicchiere mezzo pieno».

Il rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori, ha posto l’accento sull’importanza delle competenze per le imprese, competenze non solo tecnologiche e digitali, ma anche in termini di welfare, energia e sostenibilità, e del traferimento delle competenze. Sul tema dell’evoluzione portata dall’Intelligenza Artificiale generativa, ha rimarcato la necessità di raggiungere una consapevolezza più elevata sulla portata epocale di questa rivoluzione, che in alcuni suscita ancora incredulità e timori: in alcuni casi, ha spiegato, si riscontra una visione distorta dell’AI, considerata come una soluzione che non necessita dell’intervento dell’uomo, che invece deve essere costante e a più livelli. Tra i rischi dell’AI ha annoverato il tema etico, contrattualistico, di assicurazione e privacy. Gregori ha spiegato che il 35% delle imprese ha avviato un progetto o investitrà in Intelligenza Artificiale entro l’anno. Cruciale, secondo il rettore dell’Univpm, sarà verificare «di quali competenze» le imprese ritengono di avere bisogno e come queste competenze possono esseree trasferite alle pmi.

Il professore dell’Università degli Studi di Urbino, Ilario Favaretto, in un passaggio del suo intervento ha evidenziato «il nostro sistema sta entrando in difficoltà» e nel 2023 le piccole e medie imprese «non hanno fatto investimenti», ma in ogni caso «il sistema Mrche esiste, reagisce e sta sul mercato», anche se «perde colpi». Per Favaretto serve «una politica specifica che aiuti le pmi a fare investimenti». «Le ;Marche – ha detto – non sono in default, stanno reagendo, ma corriamo il rischio di una sotto-occupazione e di un rallentamento dei tassi di crescita». Cruciali gli investimenti e le relazioni fra le imprese.

L’economista Giovanni Foresti, della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, ha ricordato che nel 2024 la crescita del Pil è stimata attorno allo 0,7% e che tra i settori previsti in crescita ci sono la filiera del turismo, l’agroalimentare, l’elettronica, i servizi avanzati e la meccanica, mentre sono in difficoltà costruzioni, moda e casa, settori che risentono maggiormente dell’inflazione. Inoltre, ha evidenziato che le imprese che hanno compiuto investimenti in tecnologia hanno registrato un +33% di fatturato, mentre quelle che non hanno investito si sono fermate al 16%. A trainareb gli investimenti sono stati soprattutto il credito bancario e la liquidità delle imprese.

Su questo tema, il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, ha ri»marcato che il tema dell’accesso al credito «è uno dei fattori più importanti» per la sopravvivenza delle aziende, lamentando che «il sistema creditizio è troppo lontano dalle nostre imprese» e che c’è necessità di sostegno, come dimostra il gran numero di richieste avanzate nei bandi regionali. «La competitività – ha detto il governatore – dipende da tanti fattori, che hanno un costo», da qui l’appello rivolto alle banche a «guardare ai territori con più attenzione». Poi ha ricordato che la Regione sta lavorando per risolvere le criticità infrastrutturali, materiali e immateriali (fibra) che da anni affliggono le imprese: «Ogni impresa che chiude è un patrimonio che perdiamo, per realiuzzare le infrastrutture serviranno degli anni, nel frattempo le nostre imprese che fine fanno?» ha aggiunto rivolgendosi alle banche.

L’economista Giovanni Foresti della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, intervenendo sulla questione, ha sottolineato che le banche nel dare credito alle aziende guardano anche ai progetti e alle leve materiali, come marchi e brevetti. Tornando al report, ha rimarcato che «in un contesto complesso e sfidante le imprese italiane e marchigiane hanno saputo riposizionarsi con successo. Sono cresciuti gli investimenti in autoproduzione di rinnovabili, con vantaggi importanti in termini di riduzione del rischio e contenimento dei costi operativi, e le imprese marchigiane evidenziano una maggiore propensione a diversificare i propri approvvigionamenti, anche attraverso un ricorso più intenso a fornitori artigiani italiani, attivi molto spesso in filiera all’interno dei territori marchigiani».

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