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Tropicale ‘Made in Marche’, il caldo spinge la frutta esotica. L’agricoltura si adatta al cambiamento climatico

Nelle Marche si sperimentano nuove coltivazioni caratteristiche dei climi tropicali come le Bacche di Goji e la banana tropicale. Ne abbiamo parlato con un agricoltore

ANCONA – Dalla banana tropicale alle bacche di Goji, per arrivare anche al fico d’India. Con le temperature che si alzano sempre di più a causa del cambiamento climatico l’agricoltura tenta di adattarsi, riorganizzandosi e sperimentando la coltivazione di piante tipicamente tropicali, finora poco viste alle nostre latitudini.

«Ho iniziato un paio di anni fa prendendo una decina di piante di banana tropicale, Asimina Triloba, dal mio vivaista – racconta Pietro Spurio dell’Azienda Agricola Muccichini di Ortezzano, in provincia di Fermo, agricoltore aderente a Coldiretti – fu un esperimento, ma la banana, anche se ha un gusto buono, non ha trovato un mercato fertile perché si tratta di una pianta poco conosciuta da noi».

Esperimento a parte, con la tropicalizzazione del clima in atto, le piantine di banana tropicale crescono rigogliose, avendo trovato un clima adatto. L’imprenditore agricolo coltiva anche un’altra specie, le Bacche di Goji, un frutto originario delle valli himalayane, della Mongolia e del Tibet, dal quale ricava marmellate, ed ha realizzato una piantagione di agrumi, arance amare, mandarini.

L’Azienda agricola Muccichini

Con le estati sempre più bollenti pensa anche a cimentarsi con il fico d’india «un frutto che fino a pochi anni fa non era possibile coltivare perché non c’era il clima adatto, ma che adesso, con queste temperature diventa possibile coltivare». A causa delle piogge alluvionali che hanno colpito le Marche nel mese di maggio, l’azienda agricola ha «perso l’85% dei frutti. La produzione di ciliegie è andata persa, le albicocche sono pochissime, mentre le pesche noci sono state letteralmente spaccate dall’acqua – spiega – e non sono commercializzabili, per cui quest’anno non abbiamo potuto fare confetture né di ciliege né di albicocche».

«L’agricoltura deve organizzarsi per sopravvivere – spiega Pietro Spurio – deve cambiare e puntare su coltivazioni adatte al nuovo clima: oggi ci sono 40 gradi, ma magari fra qualche giorno arriverà la grandine, quindi o si coprono i frutteti con impianti antigrandine, pioggia e sole, oppure si iniziano a coltivare nuovi frutti. Gli impianti hanno costi piuttosto elevati che molte aziende agricole non sono in grado di sobbarcarsi». Insomma, adattarsi per sopravvivere, sembra questa, nelle campagne, la chiave giusta per guardare al futuro con più serenità.

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