ANCONA – 24 Febbraio/24 Marzo, è trascorso un mese esatto dall’inizio della guerra in Ucraina. L’invasione era stata annunciata dal presidente russo Vladimir Putin in un discorso in cui parlava dell’operazione militare nei termini di smilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina, le bombe però non tardarono ad arrivare e insieme ad esse la reale portata del conflitto.
Nonostante le truppe russe si siano trovate di fronte al muro della resistenza ucraina, in un solo mese nel conflitto avrebbero già perso la vita 128 bambini, vittime innocenti di una guerra, un massacro per la verità, che solo fino a poco più di un mese fa sembrava impossibile potesse accadere nel cuore dell’Europa. Morte e devastazione: gli attacchi aerei e i bombardamenti hanno distrutto scuole, ospedali e stanno cancellando un patrimonio dell’umanità.
La vergogna della guerra tocca il suo apice a Mariupol, città di mezzo milione di abitanti, la Genova italiana come l’ha definita il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: qui le truppe russe hanno scritto una delle pagine più brutte della storia. Mariupol è la nuova Stalingrado, città martire di guerra. La resistenza del popolo ucraino, dicevamo pocanzi, Zelensky ne è certamente il simbolo: il presidente dismessa giacca e cravatta, con la sua maglia militare, quasi una “divisa”, è il presidente che vuole esserci, che non abbandona i suoi, e che si fa simbolo di un popolo che non molla.
Le centrali nucleari sono tornate a far paura, così come lo spettro delle armi chimiche. Intanto nella notte piovono bombe al fosforo sulla regione Lugansk, ed è ancora morte e devastazione. «La Russa pensava di finire la guerra in due giorni, non avevano capito che la nazione ha una sua storia, una sua cultura e identità, una elevazione morale superiore a quello che la guerra potrebbe suggerire – osserva Don Mihajlo Korceba, parroco della Chiesa di San Paolo Apostolo di Ancona e guida della comunità ucraina nel capoluogo -. L’orchestra che suona in piazza, non è per disperazione, ma per desiderio di libertà».
Secondo il parroco «l’invasione russa ha prodotto un effetto contrario rispetto a quello voluto: pensavano di avere una parte della popolazione dalla loro parte, invece nessuno è dalla parte di chi fa la guerra, neanche i simpatizzanti russi, che hanno separato mentalmente ed emozionalmente la guerra dall’idea di una Russia che oggi identificano con il male: non vogliono più avere niente a che fare con questa Russia».
«Un appello alla pace? È inutile, perché chi ha in mano le sorti della guerra (la Russia, ndr) non ascolta questi appelli. Voglio rivolgere piuttosto un appello all’Europa a sostenere l’Ucraina, e a non cadere nel tranello del costo della guerra, economico e psicologico che pesa sicuramente in tutte le nazioni. È necessario non mollare e continuare ad appoggiare l’Ucraina, anche se c’è da pagare di tasca propria le sanzioni: bisogna andare avanti finché non ci saranno segnali concreti. La Russia – conclude – non può dettare le condizioni, deve uscire dal Paese in cui non doveva stare».