ANCONA – «Chi si è vaccinato contro il covid deve ancora indossare la mascherina e rispettare le restrizioni, incongruenze che non quadrano». È anche questo a spingere una quota di sanitari che lavora nelle strutture pubbliche e private a non farsi vaccinare contro il coronavirus.
Nelle Marche si aggira intorno al 18% la quota di infermieri che non si è fatta vaccinare, una parte di questi hanno motivazioni che ostano con questa pratica per problemi legati alla salute o perché hanno già avuto l’infezione da poco tempo. Un’altra parte però rifiuta di vaccinarsi, una percentuale che si aggira intorno al 3%.
Se la maggior parte degli infermieri crede che la vaccinazione rappresenti l’uscita da un tunnel della pandemia, per gli scettici invece è vista più come una limitazione. Essi difendono «la libertà di scelta delle terapie a cui sottoporsi», come racconta Mara (nome di fantasia, ndr.), infermiera 46enne che lavora in un ospedale pubblico della regione e vuole restare anonima per evitare problemi legati ad una presa di posizione di questo genere.
Un tema delicato, quello del vaccino, così come quello della pandemia di covid, dove spesso le reazioni sono diametralmente opposte e a volte esacerbate. Dietro al nome di fantasia, Mara cela però un pensiero piuttosto chiaro e deciso e mette subito i puntini sulle “i”, chiarendo di non essere una no-vax: «Questa pandemia è stata accentuata, non so a quale scopo. Non nego l’esistenza del coronavirus, ma sicuramente questa patologia riceve una attenzione eccessiva anche a livello mediatico». Secondo Mara in televisione e nei giornali «ormai si parla solo di questo, del covid-19. Non riesco più neanche a guardare il telegiornale, alcune notizie creano ansia in maniera eccessiva».
A sollevare dubbi e perplessità in Mara e in molti altri che come lei hanno scelto di volontariamente di non vaccinarsi, è soprattutto il fatto che «i colleghi che invece hanno aderito alla campagna hanno dovuto sottoscrivere un documento che esonera l’azienda e la casa farmaceutica in caso di possibili effetti collaterali». Una zona grigia che fa storcere il naso e alimenta timori sui possibili effetti a breve e lungo termine di questo vaccino a Rna.
«Se in futuro chi si è vaccinato dovesse avere dei problemi poi chi lo risarcisce? A chi si potrà rivolgere per chiedere i danni? – si interroga l’infermiera -. Io non sono contraria ai vaccini, perché è proprio grazie a questi che alcune patologie nel corso degli anni sono state debellate, ma un vaccino prodotto in meno di un anno non mi convince».
Una eccessiva rapidità che non tranquillizza e che fa temere ripercussioni sulla salute di cui non si possono avere notizie nell’immediato. «Non ho nessuna intenzione di fare da cavia a meno che non mi dicano che sono obbligata a fare il vaccino, perché in caso contrario subirei delle limitazioni: solo in quel caso mi vedrei costretta ad unirmi a questo “gregge”, ma potendo scegliere per il momento non aderisco».
Mara si augura «di non dover essere obbligata a farlo» e chiarisce che «finora non ho avuto pressioni nella mia azienda, ma essendo ancora in corso la prima fase della campagna mi aspetto che da qui a breve potrebbero essercene e che in ospedale alla fine qualcuno possa chiedermi di sottopormi alla vaccinazione».
L’infermiera spiega di non aver mai aderito neanche alla campagna antinfluenzale e di non avere timore di ammalarsi: «Non vedo per quale motivo devo vaccinarmi adesso visto che il coronavirus in fondo non è che un’influenza più forte: fortunatamente le mie condizioni di salute sono buone, certo è che le persone con fragilità devono invece sottoporsi alla vaccinazione». Riguardo il report Istat, pubbilicato nei giorni scorsi, nel quale si registra che nel 2020 in Italia i decessi con covid sono stati 57.647, Mara aggiunge: «Non è detto che il decesso sia imputabile effettivamente al covid, sono decessi con covid. Ribadisco non nego l’esistenza del virus, ma si tratta spesso di decessi avvenuti in persone con altre patologie sulle quali il covid magari ha inciso, ma non è stata l’unica causa. Non voglio sottovalutare, né mancare di rispetto a chi ha perso i propri cari, ma questo virus potrebbe non essere stato l’unica causa del decesso, può avere agito da acceleratore ad un processo che sarebbe avvenuto anche in seguito ad altre infezioni».
Non una vaccinazione di massa, dunque, ma somministrazioni solo per le persone con patologie che le pongono in una condizione di fragilità. Secondo l’infermiera, con la campagna vaccinale che sta progredendo, nelle Marche, tra le regioni virtuose per somministrazione, «si dovrebbe andare verso un allentamento progressivo delle misure restrittive, mentre invece le stanno irrigidendo. Non mi fido di questo sistema, né delle classi politiche, non ho paura di perdere il lavoro – spiega – ma credo che una volta avuto il polso della quota dei sanitari che in Italia si sono vaccinati alla fine ci chiederanno conto del perché non abbiamo aderito».