ANCONA – L’Italia verso la proroga dello stato di emergenza fino a fine gennaio 2021. Lo ha annunciato poco fa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso di un punto stampa in diretta Facebook da San Felice a Cancello. Il premier ha annunciato di essersi confrontato sulla questione con il ministro della salute Roberto Speranza, e che l’intenzione è quella di portare questa istanza in Parlamento. Attualmente lo stato di emergenza è previsto fino al 15 ottobre ma già nelle ultime ore era trapelata la volontà di procedere alla proroga.
«Non critico la scelta, di cui non conosco i presupposti sanitari – commenta Diego Mingarelli, vicepresidente di Piccola Industria Confindustria e vice presidente per Europa, Sviluppo e coesione territoriale, Resilienza e Pge di Confindustria – , ma le aziende stanno cercando faticosamente di ritrovare la normalità, abbiamo bisogno di convivere con questa situazione».
I dati economici mostrano che «la manifattura è abbastanza resiliente» spiega Mingarelli, «sta cercando di reagire e segna una leggerissima ripresa anche della domanda internazionale, ma non possiamo restare sempre in emergenza».
La proroga dello stato di emergenza, oltre a consentire al Governo di poter «agire con maggiore tempestività su vari aspetti della vita di tutti i cittadini per il tramite dell’emanazione dei Dpcm, Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, nell’area del diritto del lavoro, avrà un impatto sulla possibilità di utilizzare ancora l’attività lavorativa in smart working con le regole semplificate» dichiara Roberto di Iulio, presidente del Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Ancona.
Introdotto nel 2017 con la Legge 81 del 22 maggio 2017 lo smart working nella versione “ordinaria” prevede «l’obbligo di siglare un accordo preventivo finalizzato a stabilire le regole con cui si dovrà svolgere l’attività lavorativa “a distanza” – chiarisce Di Iulio -, mentre con l’avvento della pandemia covid-19 con la finalità di ridurre al minimo il contatto con le persone anche nei luoghi di lavoro, si è data la possibilità di autorizzare questa modalità senza alcun accordo scritto così da renderlo immediatamente utilizzabile».
«Molte sono le aziende che, anche senza troppi problemi organizzativi, sono riuscite a garantire l’avvio del lavoro agile – prosegue – tanto che, da settimane, si sta chiedendo una semplificazione delle regole per la versione “ordinaria” così da consentire, anche quando l’emergenza sarà superata, la possibilità di continuare ad utilizzare lo smart working in modo più agevole».
Resta comunque nei pieni poteri del datore di lavoro quello di valutare l’effettiva possibilità di concedere lo smart working. «Non tutte le mansioni possono essere eseguite lontano dalla sede di lavoro in quanto, anche se si svolge lavoro impiegatizio con uso di attrezzature tecnologiche, spesso si rende necessaria che ci sia una continua interazione tra i colleghi dello stesso ufficio per il mantenimento degli standard di qualità ed efficienza che, con le modalità a distanza, potrebbero essere compromessi – prosegue – , quindi, salvo i casi espressamente previsti dalla legge ed in particolare quella che tutela i cosiddetti “lavoratori fragili”, il datore di lavoro effettua una valutazione preliminare e, se l’esito è positivo, può attivare lo smart working. Purtroppo, sempre più spesso si riscontrano richieste da parte dei dipendenti che, anche in assenza di prescrizioni mediche, chiedono di poter prestare l’attività lavorativa nel regime agile quasi fosse un diritto a cui il datore di lavoro non può opporsi creando così momenti di serrato confronto che possono sfociare in tensioni nei rapporti».
Oltre a questo, in stato di emergenza le Regioni possono firmare ordinanze e resta in funzione la cabina di regia alla quale partecipano i governatori e la cui funzione è quella di perseguire una linea comunque sulla base dell’andamento dei contagi. Inoltre il Governo può continuare ad assumere provvedimenti restrittivi sul fronte degli ingressi nel paese.