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Violenza sulle donne, Lucia Annibali: «Politiche e azioni guardino anche ai bisogni della vittima, alla sua ricostruzione»

L'avvocatessa pesarese sfregiata con l'acido è intervenuta a Torrette di Ancona all'incontro "Questo non è amore" in cui è stato trattato il tema della violenza sulle donne

A sinistra Lucia Annbali

ANCONA – Della violenza sulle donne «è importante parlarne sempre, e affrontare questo tema con senso di responsabilità e di conoscenza anche da un punto di vista politico istituzionale investendo delle risorse». Lo ha detto Lucia Annibali, intervenuta all’Istituto di istruzione Volterra Elia di Torrette di Ancona in occasione dell’incontro “Questo non è amore”.

Presenti autorità, forze dell’ordine, Ufficio Scolastico regionale, insegnanti e studenti, con l’obiettivo di accendere i riflettori, su questo «dramma sociale – ha detto il Questora di Ancona Cesare Capocasa – , la più grave violazione a livello mondiale. Non si può chiamare emergenza, si può parlare di dolorosa tragedia quotidiana, è una mattanza domestica».

Annibali ha spiegato «che le donne continuino a morire e a subire soprusi insieme anche ai loro figli questo purtroppo è un dato della cronaca – ha detto – . Questo è un fenomeno che non si arresta, nemmeno rispetto agli omicidi che continuano ad aumentare». Secondo l’avvocatessa pesarese, sfregiata in volto dall’acido, mandante l’ex fidanzato Luca Varani, «c’è ancora tanto da fare» per contrastare il fenomeno.

Riferendosi ai femminicidi avvenuti nelle Marche (Ilaria Maiorano, Anastasiia Alashri e Maria Bianchi) spiega: «Sono storie che hanno in sé una grande e lunga sofferenza, e immagino anche un senso di solitudine e a volte di abbandono. Storie drammatiche che raccontano dei fallimenti evidentemente non si è riusciti ad essere di aiuto».

Questo, spiega, «deve esortarci ad occuparci forse con un maggior senso di responsabilità, di coinvolgimento, rispetto a queste storie. Bisogna essere ancora più attenti». La prevenzione, secondo l’avvocatessa già deputata della Repubblica, deve partire dalle scuole, dall’educazione, mentre «le politiche e le azioni» devono guardare «anche ai bisogni della donna che ha subito violenza» alla «sua ‘ricostruzione’ anche su un piano economico e dell’autonomia abitativa, di una nuova professionalità».

Nel corso dell’incontro gli studenti hanno posto domande anche allo psicologo della Polizia di Stato Michele Angelini per comprendere il concetto di violenza, nelle sue diverse declinazioni, fisica, psicologica e economica, sui fattori di rischio nelle relazioni affettive, sugli strumenti (penali e amministrativi) per rompere la catena dei soprusi e reagire al tentativo di controllo e sopraffazione che accompagna le relazioni tossiche.

Una iniziativa, quella della Polizia di Stato con cui rinnova il proprio impegno a sensibilizzare sul tema con l’obiettivo di spronare le vittime a chiedere aiuto e a denunciare. La Polizia di Stato rappresenta, in questo senso, uno snodo fondamentale di una rete composta da istituzioni, enti locali, centri antiviolenza e di recupero dei maltrattanti, w associazioni di volontariato che si impegnano ogni giorno per la parità di genere.

Nel corso dell’incontro è stato distribuito l’opuscolo “…questo non è amore”, elaborato dalla Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, per informare sul fenomeno che resta spesso sommerso. Spesso il primo passo è il più difficile, è stato sottolineato nel corso dell’incontro: la paura di essere giudicate, la vergogna di raccontare dettagli della propria vita privata, il timore di rimanere sole.

La campagna “…questo non è amore” non si ferma al 25 novembre, la Questura di Ancona, si impegna ad andare nelle scuole di ogni ordine e grado, con equipe multidisciplinari composte da funzionari di polizia, medici, psicologi, rappresentanti di centri antiviolenza e ad altre istituzioni e associazioni impegnate su questi temi.

In un periodo storico caratterizzato da una grande rapidità di comunicazione e digitalizzazione, la Polizia di Stato ha adattato il suo approccio operativo attualizzandolo con nuovi strumenti tecnologici, come l’app YouPol, che tuttavia non sostituisce per i casi gravi la chiamata al Numero di Emergenza Unico Europeo “112” e/o 113, soprattutto nei casi di pericolo imminente: 24 ore su 24 e per 365 giorni all’anno, questo numero è sempre attivo, però YouPol può aiutare le vittime e i testimoni di atti di violenza domestica a chiedere aiuto.