URBINO – Qual è l’eredità di un genio della storia dell’arte, a 500 anni dalla sua morte. È questo il senso della mostra “Raffaello e gli amici di Urbino” alla Galleria Nazionale delle Marche – Palazzo Ducale di Urbino, dal 3 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020, curata da Barbara Agosti e Silvia Ginzburg con la direzione di Peter Aufreiter.
Un percorso che parte dal contesto culturale in cui è nato, l’Urbino dei Montefeltro, dove si è sviluppato un rinascimento matematico e un rinnovato umanesimo. Raffello rappresenta il passaggio dal ‘400 al ‘500, con conquiste formali e prospettiche che porteranno alla “maniera moderna“.
In mostra ci sono 85 opere, di cui 19 di Raffaello, per una copertura assicurativa complessiva di 700 milioni di euro. Un evento che segna una nuova ricerca. Del resto le opere arrivano dall’Hermitage di San Pietroburgo, dalla National di Londra, dal British Museum, da Vienna, da Capodimonte e ben 15 dagli Uffizi che è infatti collaboratore ufficiale del progetto.
L’esposizione parte da Francesco Francia, si snoda negli umbri Perugino e Luca Signorelli importanti nella formazione e nel primo tratto dell’attività di Raffaello e in parallelo dei più maturi concittadini Girolamo Genga e Timoteo Viti, artisti che ebbero a intersecarsi con il periodo fiorentino e con i primi tempi della presenza romana di Raffaello.
«Possiamo dire con orgoglio che oggi apriamo l’anno delle celebrazioni del cinquecentenario della morte di Raffaello – ha detto il direttore della Galleria nazionale delle Marche Peter Aufreiter – Urbino parte in anticipo, poi toccherà alle grandi mostre di Roma e Londra. Un lavoro lungo due anni e mezzo per raccontare Raffaello, che non perde mai il contatto con Urbino. Una mostra che prende senso solo qui a Urbino, legata a questo contesto».
La curatrice Silvia Ginzburg è entrata nel percorso espositivo. «Abbiamo voluto rileggere il percorso di Raffaello in confronto con Timoteo Viti e Girolamo Genga. Raffaello rappresenta quindi la terza età della storia dell’arte in quel passaggio verso la maniera moderna. L’aggiornamento costante delle scelte formali accomuna i tre artisti, la continua ricerca di novità. Raffaello non è accademico e classicista come è sempre stato etichettato, è iniziatore della maniera. Urbino lo educa, il contesto lo forma. Qui sperimenterà soluzioni inedite che porterà a Firenze e Roma».
L’allestimento è molto sobrio, scarno. I dipinti si alternano ai disegni, perché la carta è un progetto, una pagina dove sperimentare, ricercare con carboncini e matite. I colori nelle tavole passano da toni tenui ad acidi, in una miscela perfetta. L’infilata di quadri ti salta addosso. Le dolci madonne, i ritratti, le composizioni prospettiche legate a Bramante. Unica nota negativa, le luci che non sempre permettono una fruibilità completa delle opere.
«Ci siamo posti il problema di come rappresentare il genio a Roma, visto che qui lavora ai grandi affreschi in Vaticano – ha detto la curatrice Barbara Agosti – La soluzione è stata quella di evocarne la crescita, la sua imponenza formale e la forza dell’eloquio dei suoi lavori. Fino ad arrivare a Raffaellin del Colle e Giulio Romano che porterà la sua eredità nel manierismo più eccentrico».
Un evento che porterà nel mondo il nome di Urbino e delle Marche. «Questa è una grande giornata per le Marche – ha detto l’assessore regionale al Turismo Moreno Pieroni – è la mostra delle mostre, una grande vetrina per la nostra regione a livello internazionale».
Infine il sindaco Maurizio Gambini: «Urbino è il centro dell’arte e della cultura delle Marche, questo evento restituisce il grande lavoro e il grande impegno delle curatrici e del direttore Aufreiter».
Uno sforzo molto importante che segnerà un inizio per Palazzo Ducale perchè come ha detto Aufreter, «d’ora in poi sarà sempre l’anno di Raffaello». Tanto che sono in programma altre mostre sul tema delle maioliche nel rinascimento e sugli arazzi disegnati dal divin pittore.