ASCOLI PICENO – Imbottigliato e pronto per essere venduto come Verdicchio dei Castelli di Jesi doc. Ma è un falso. Sequestrati dalla Guardia di Finanza di Ascoli Piceno 15 mila litri di vino spacciato per Verdicchio ma in realtà semplice vino bianco. Coinvolta un’azienda di Monteprandone. A mettere in allarme i controllori il basso costo del vino. L’indagine di polizia giudiziaria, portata avanti dalla Procura di Ascoli Piceno, denominata “Falsicchio”, è stata avviata lo scorso aprile dall’Ufficio d’Area di Ancona dell’Ispettorato Centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche Agricole. Successivamente affiancato dalle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Ascoli Piceno, per le anomalie rilevate relative al prezzo al consumo del particolare vino Doc., risultato infatti al di sotto del normale prezzo di mercato.
Riscontrata anche l’assenza di certificazioni chimico-fisiche ed organolettiche necessarie, secondo la normativa di settore ed il disciplinare del Verdicchio dei Castelli di Jesi, per l’acquisizione dell’appellazione di vino Doc.. Ricostruita dalle Fiamme Gialle la filiera documentale del falso Verdicchio. Si è arrivati così ad un’azienda vinicola dell’entroterra piceno, di Monteprandone, che aveva gestito le fasi di imbottigliamento ed etichettatura delle dame di vino.
I successivi sviluppi delle indagini hanno condotto gli investigatori in due centri di una nota catena di distribuzione alimentare a livello internazionale, ubicati a Perugia e a Monteprandone (AP), dove sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro 15.000 litri del falso Verdicchio, contenuti in 3 mila dame da 5 litri l’una, fornite dall’azienda vinicola picena.
È risultato così che le partite del vino Verdicchio dei Castelli di Jesi, vantate tutte di “rigorosa” certificazione Doc., altro non erano che semplice (e sicuramente più economico) vino bianco, imbottigliato ed etichettato “ad arte”, scoperto dagli investigatori in breve tempo attraverso perquisizioni eseguite nell’azienda vinicola picena. Sono stati raccolti così elementi per una “Frode nell’esercizio del commercio”, prevista e punita dall’art. 515 del Codice penale con la reclusione fino a 2 anni o la multa fino a 2.065 euro.
Tuttavia, trattandosi di bevande caratterizzate da una denominazione di origine, ovvero geografica, le cui specificità sono protette dalle norme vigenti, al titolare dell’azienda vinicola sono state ascritte anche le circostanze aggravanti previste dallo stesso Codice penale all’art. 517-bis, in conseguenza delle quali il giudice, in sede di pronuncia di condanna, qualora eventualmente riconosciuta la “particolare gravità” (e, per altro caso, anche la sussistenza di recidive) potrà disporre anche la chiusura dell’azienda per un periodo da 5 giorni a 3 mesi, o la revoca della licenza.