OSIMO – Nella notte tra venerdì e sabato 8 agosto la sede dell’Avis di via Matteotti, che si trova in un locale che fa parte dell’ospedale di Osimo, ha subito un allagamento importante: nei locali sovrastanti, infatti, si è verificata una perdita di acqua notevole che oltre ad allagare diverse zone del nosocomio (la palestra della fisioterapia e i locali dismessi della Ginecologia) ha invaso anche diversi locali sottostanti, tra cui per l’appunto la sede. L’acqua ha colpito la zona della segreteria, danneggiando le scrivanie e altri mobili, i muri, oltre a lasciare la parete superiore con crepe evidenti e senza più l’intonaco.
«Dopo un incontro con la direttrice sanitaria la nostra segreteria è stata spostata all’interno del centro trasfusionale. Una soluzione che doveva essere pro tempore e che ha creato qualche disagio ma che rischia di non risolversi in tempi brevi – comunicano dal direttivo -. Nonostante diverse sollecitazioni, non solo da parte nostra, l’Asur non ha ancora avviato i lavori di sistemazione del locale e, con il passaggio della struttura da Asur all’Inrca, si è creata una situazione nebulosa.
Il nostro interrogativo, quando e se si svolgeranno le operazioni di sistemazione, non ha ancora avuto una risposta certa da parte dei diretti interessati: quello che vorremmo è semplicemente chiarezza sul destino di questi lavori per capire così la nostra “sorte”. Sono passati ormai quattro mesi da quell’8 agosto ma ancora oggi sembra che nessuno possa darci una risposta. Ci sono ovviamente alcune problematiche con l’attuale sistemazione ma ciò non ci ha impedito di continuare a lavorare nel migliore dei modi, visto che raggiungeremo per fine anno le duemila e 100 donazioni, garantendo sempre le sedute del trasfusionale per soddisfare il bisogno crescente di sangue che c’è nella nostra Regione. La nostra associazione, che da sempre è impegnata in prima linea per il dono del sangue, ha già dovuto subire diversi disagi con la chiusura del centro trasfusionale di due anni fa a causa dei lavori di sistemazione del tetto e non vorremmo subire un iter lungo e tortuoso come quello precedente perché, come dicevano i latini, “Errare humanum est, perseverare diabolicum”».