MARCHE – Secondo gli ultimi dati dell’INPS, elaborati dalla Cgil Marche, nella regione ci sono stati 64.000 lavoratori retribuiti con almeno uno dei 4,1 milioni di voucher riscossi nel 2015. Un numero impressionante, cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni: nel 2008 i percettori di voucher erano poco più di mille. Nelle Marche il rapporto tra il numero dei percettori di voucher e quello dei lavoratori dipendenti è il più alto a livello nazionale: un percettore di voucher ogni 7 lavoratori dipendenti ovvero quasi doppio rispetto alla media delle altre regioni (uno ogni 12 lavoratori dipendenti).
Ma chi sono i percettori dei voucher? Le donne rappresentano la maggioranza: 34.000 lavoratrici pari al 54% del totale. L’età media si è progressivamente abbassata: se nei primi anni in cui si sono istituiti i voucher, i percettori avevano un’età media di 65 anni, nel 2015 il 40% dei percettori di voucher ha meno di 30 anni, il 21% ha un’età tra i 30 e i 39 anni mentre solo il 9,7% ha più di 60 anni. Nel 2015, i percettori di voucher sono soprattutto lavoratori attivi, cioè lavoratori con una posizione contributiva aperta, alimentata anche da prestazione di sostegno al reddito per disoccupazione: 36.030, pari al 56,2% del totale. I pensionati sono solo 6.669, pari al 10,4% del totale. Ci sono poi 14.447 percettori di voucher cosiddetti “silenti”, pari al 22,5%, ovvero disoccupati di lunga durata, con una storia lavorativa alle spalle ma che, nel 2015, hanno percepito solo voucher. Infine, ci sono 6.950 persone prive di posizione contributiva, pari al 10,8%, pagati unicamente con i voucher e non risultano essere mai stati iscritti a nessuna gestione previdenziale.
Mediamente, nel 2015, ogni percettore di voucher ha riscosso 64 voucher l’anno per un reddito netto medio di 480 euro, in linea con la media nazionale. Le ricadute sul piano previdenziali sono allarmanti: la quasi totalità dei percettori di voucher non riesce a maturare neanche l’accredito minimo di un mese di contribuzione, per il quale è necessario il versamento di 168,44 euro di contributi (pari a circa 130 voucher). «Questi numeri evidenziano come si è abbandonata un’intera generazione a un destino fatto di lavoro senza certezze, tutele e dignità che rende i percettori di voucher i più svantaggiati sotto ogni profilo, caratterizzati da mancanza di diritti e tutele oggi, a partire dai più comuni diritti alle ferie, alla malattia, alla maternità, ai congedi, indennità di sostegno al reddito quando perdono il lavoro e mancanza di tutele per il futuro, come il diritto a una pensione che consenta di vivere dignitosamente» commenta Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche.
Immaginando lavoratori con le stesse condizioni di reddito, un lavoratore che raggiunga il tetto massimo fissato per i voucher di 7.000 euro annui (pari a 9.333 euro lordi di reddito), a 70 anni, con 35 anni di anzianità contributiva, potrà contare su un assegno di pensione mensile di 208 euro, nettamente inferiore a quello di un titolare di P.IVA (403 euro), ancora più basso di quello di un collaboratore (526 euro) piuttosto che di un lavoratore dipendente part time (529 euro). Se poi la pensione di percettore di voucher si raffronta con quella di un lavoratore agricolo con lo stesso livello di reddito (1.020 euro), la differenza rispetto a chi viene pagato con voucher è incolmabile. Inoltre, dati i vincoli normativi, per ogni anno di lavoro, i percettori di voucher riescono a vedersi accantonare solo 7 mesi di contribuzione effettiva e per maturare 20 anni di contribuzione minima per la pensione di vecchiaia, devono lavorare quasi 35 anni.
«Per questo, la CGIL è fortemente impegnata nella campagna referendaria per abrogare i voucher e per la piena responsabilità solidale negli appalti: due SI ai referendum per ridare dignità e diritti al lavoro. Per questo è necessario che il Governo fissi presto la data per i referendum per dare certezza di diritti e informazione a tutti i cittadini chiamati alle urne» afferma Barbaresi.