ANCONA – Era stato ritrovato cadavere lo scorso 5 luglio nella palazzina che fino all’86 ospitava gli uffici della polizia scientifica, al parco del Cardeto. La mummia che venne ritrovata durante un sopralluogo tecnico per dei lavori si chiamava Abu Bakar Siddiqe. CentroPagina.it, un mese fa, fu la prima a darne notizia.
Era un 53enne originario del Bangladesh e viveva ad Ancona, nel quartiere del Piano. Aveva 53 anni e la sua ultima residenza era in via Giordano Bruno. I familiari non riuscivano a contattarlo dal 17 dicembre. Il fratello della vittima, per cercarlo, era arrivato da Mestre (in provincia di Venezia).
La morte di Siddiqe risaliva ad almeno sei mesi prima, in pieno inverno. L’indiano era sposato: la moglie e il figlio vivono tutt’ora in Bangladesh. Alla sua identità, ci è arrivata la Squadra Mobile di Ancona, diretta dal vice questore Carlo Pinto. Le indagini sono state coordinate dal pubblico ministero, Rosario Lioniello.
Dagli accertamenti sulla salma, è emerso come la vittima avesse due protesi alle anche che gli erano state impiantate ad Ancona. è proprio grazie alle matricole che è stato possibile risalire all’identità del bengalese. Una certezza avvalorata dalle impronte di ciò che rimaneva di una mano.
La Squadra Mobile ha dunque contattato l’ambasciata bengalese a Roma, dove risultava una denuncia di scomparsa risalente al 17 gennaio scorso. Era stato il fratello della vittima a farla, preoccupato per il fatto che non riuscisse più a mettersi in contatto col 53enne, il cui telefono squillava a vuoto. Pare che la moglie lo avesse sentito l’ultima volta proprio il 17 dicembre. Poi, più nulla. La Procura dorica attende il deposito dell’autopsia (che ha escluso la morte violenta) per chiudere il caso. Documenti e borsello del bengalese erano spariti dopo la morte, forse per un furto.