CAMERINO – I militari dell’Esercito Italiano sono al lavoro a Camerino per demolire gli edifici danneggiati dal sisma di tre anni fa. Uno sblocco importante per la città che segna un primo passo verso l’agognata ricostruzione.
Il primo ad andare giù ieri mattina (9 ottobre) è stato uno stabile in zona le Conce, ma in previsione ci sono altre 6 demolizioni nel quartiere Borgo San Giorgio, zona del centro storico, e nelle frazioni di Camerino, dove saranno affidate a ditte esterne: i mezzi dell’Esercito sono infatti troppo grandi per riuscire ad accedere ad alcune vie molto strette. I militari stanno procedendo allo smontaggio controllato.
Soddisfatto il sindaco di Camerino Sandro Sborgia: «Finalmente partono davvero le demolizioni rinviate da tempo, ora dobbiamo recuperare il tempo perduto». «Negli ultimi due mesi abbiamo programmato una serie di azioni in questa direzione. Sono stati individuati gli atti amministrativi per poter procedere e ne sono in programma altri già nelle prossime settimane».
I proprietari degli edifici oggetto di demolizione con danno di livello B (lieve) avranno tempo fino al 31 dicembre per presentare i progetti, poi si entrerà nel vivo della fase di esame per ottenere l’autorizzazione alla ricostruzione.
L’obiettivo del sindaco è quello di procedere spedito per riaprire la zona rossa e i due assi viari principali della città, dal Duomo fino alla Rocca del Borgia. «È un passo avanti importante per la città nell’attuazione di un processo di ripartenza. Tutto ciò che possiamo fare lo faremo con ogni forza. Dobbiamo recuperare il tempo perduto e stiamo cercando di farlo con grandissimo impegno».
Dalla Fiera di Rimini per gli operatori del turismo, dove si è parlato anche delle prospettive di sviluppo economico e turistico delle aree interne, il presidente regionale Luca Ceriscioli ha lanciato un appello al presidente del consiglio Giuseppe Conte: «Questa è una settimana decisiva per le Marche perché verranno discussi gli emendamenti che abbiamo proposto per velocizzare la ricostruzione – spiega -. Siamo al quarto governo a tre anni dal terremoto e Conte può essere quel premier che finalmente mette le ali al percorso della ricostruzione. È evidente che se usciamo dagli strumenti ordinari e introduciamo finalmente strumenti straordinari, per le abitazioni che oggi sono danneggiate, si riduce di un anno e mezzo l’iter burocratico. Un patrimonio che può diventare un’occasione per accogliere le persone e per riqualificare il territorio».
Ceriscioli ribadisce la sua proposta di istituire un tavolo di lavoro tra governo nazionale e Regione Marche «per condividere quegli strumenti fiscali e di investimento sulle attività economiche del Piano per la ricostruzione e lo sviluppo. Auspichiamo che il governo dia, con strumenti straordinari, l’opportunità di riscatto a un territorio che fa della forza e della bellezza la sua carta di identità. Siamo belli anche oggi, siamo forti anche oggi, ma attraverso questi strumenti possiamo fare ancora e molto di più a servizio della comunità colpita dal sisma, a servizio delle Marche e a servizio dell’Italia».
IN SENATO
Intanto la questione ricostruzione post sisma per le aree del centro Italia viene trattata anche in Senato. Nella risoluzione di maggioranza alla Nadef (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza), che precede la legge di bilancio, è stato inserito nero su bianco l’impegno per il sostegno degli interventi di ricostruzione post sisma nelle regioni del centro Italia.
«Si segna un cambio di passo rispetto ai mesi del governo a trazione leghista – spiega il senatore del Pd Francesco Verducci, vice presidente della Commissione Cultura del Senato -: dopo 14 mesi di indifferenza, oggi il terremoto torna ad essere questione nazionale e tra le azioni di rilancio e crescita prioritarie, per le quali investire risorse e prestare il massimo impegno».
Il senatore puntualizza che grazie ai dem il tema della ricostruzione e dello sviluppo delle comunità colpite dagli eventi sismici «torna ad avere l’urgenza e l’attenzione che merita da parte dell’esecutivo e del Parlamento».