STAFFOLO – Caporalato in Vallesina, un fenomeno nuovo per le nostre zone, che al termine di un’operazione condotta dai Carabinieri, ha portato all‘arresto di un pachistano, M. A., 37 anni, residente a Staffolo, e ora ristretto in Ancona, e alle denunce di un suo collaboratore di 35 anni, anch’egli pachistano, e dei due titolari delle aziende che hanno impiegato manodopera in condizioni di sfruttamento.
Una vicenda complessa della quale i Carabinieri della Stazione di Staffolo, diretti dal luogotenente Pasquale Cerfolio, quelli del Nucleo ispettorato del lavoro di Ancona, agli ordini del maresciallo maggiore Stefano Petrozzi, e del Nucleo Operativo della Compagnia di Jesi, si stavano in sinergia occupando dall’inizio di quest’anno.
«Oltre al fatto in sè – ha tenuto a precisare il comandante della Compagnia di Jesi, maggiore Benedetto Iurlaro presentando l’operazione – quello che colpisce è la situazione di estremo degrado nella quale questi lavoratori, tutti rifugiati politici o richiedenti asilo, erano costretti a vivere con una paga che arrivava, quando arrivava, a poco più di 300 euro mensili e in condizioni igieniche indescrivibili».
E il loro datore di lavoro lucrava anche su questo, ospitandoli, si fa per dire, in due distinti casolari, uno a Santa Maria Nuova l’altro a Staffolo, e fornendo anche i pasti. Il tutto per 100 euro al mese, 50 per l’alloggio e 50 per il vitto.
L’operazione è stata portata a termine proprio ieri, 27 settembre, dopo prolungati servizi che hanno compreso pedinamenti e controlli tutti mirati ad accertare quale fosse la vera attività del pachistano, nei confronti del quale c’era da tempo il sospetto che fosse, comunque, illecita.
I Carabinieri hanno chiuso la rete nelle prime ore della giornata, quando hanno seguito il furgone del pachistano, un Fiat Ulisse – poi sequestrato – dove l’uomo aveva fatto salire 9 persone tra Staffolo e Santa Maria Nuova, per condurle presso due aziende agricole della Vallesina dove sarebbero stati impiegati per la raccolta dell’uva. Scattava l’irruzione dei militari e la successiva identificazione.
Il pachistano aveva realizzato una vera e propria agenzia per il lavoro. Peccato che, però, non ne avesse i requisiti pur reclutando manodopera composta da connazionali allo scopo di destinarla ad aziende agricole della Vallesina in condizioni di vero e proprio sfruttamento.
Evidentemente approfittando dello stato di bisogno nel quale quegli uomini si trovavano – lavoravano dalle 4 alle 8 ore giornaliere – e corrispondendo loro retribuzioni palesemente difformi dai contratti collettivi nazionali.
Durante le indagini dei militari, infatti, veniva alla luce il fatto che il pachistano aveva stipulato contratti di lavoro con terzi per 7 euro l’ora, e non per 9,96 come fissato dal contratto nazionale per i lavoratori agricoli a tempo determinato. Ai “dipendenti”, poi, andavano 5 euro senza prospetti paga.
Il pachistano dovrà rispondere delle accuse di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, gli è stata naturalmente sospesa l’attività ed erogata una multa di 14 mila euro. Rischia da 5 a 8 anni di reclusione con l’aggravante di aver “utilizzato” più di 3 lavoratori.
Per i titolari delle 2 aziende che hanno impiegato la “sua” manodopera e il collaboratore è stata inoltrata informativa alla Procura della Repubblica di Ancona con le imputazioni di concorso nell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.