ANCONA – Mille e cinquecento anni di storia salvati e rinchiusi in una villetta delle Palombare che conserva capitelli, colonne, fregi, un prezioso mosaico di epoca romana, una parte di arcata della chiesa di San Francesco alle Scale, i resti della perduta chiesa di San Pietro che si trovava in via Fanti e tante altre meraviglie dell’arte che sono state salvate dalle macerie dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Questo hanno scoperto i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Ancona, seguendo una inchiesta pubblicata nel 2016 dal mensile Urlo diretto dal giornalista Giampaolo Milzi, e con l’ausilio dei carabinieri della Compagnia.
Tutto parte da quell’articolo, che rispolvera una antica leggenda metropolitana che da decenni narrava la presenza nel capoluogo dorico di questa casa-museo senza mai averla trovata. Adesso la casa c’è e l’attuale proprietario, un medico, verrà denunciato per ricettazione. L’immobile ha cambiato tre proprietari nel corso di 72 anni, nessuno dei quali ha mai informato la Sovrintendenza del patrimonio artistico pubblico contenuto al suo interno. La villetta sarà sottoposta ora ad un vincolo.
«Il primo proprietario – racconta Milzi – è stato Gastone Giorgi, appassionato di storia dell’arte e dipendente di un ente pubblico – ha ristrutturato la casa arricchendola con una serie di reperti che lui stesso aveva salvato dalle macerie, durante la seconda guerra mondiale, nel centro storico di Ancona, nei due quartieri principali, il colle Guasco e San Pietro. Noi di Urlo, dopo aver ricevuto la confidenza di una persona che era stata in quella casa, abbiamo approfondito i racconti documentando il ritrovamento». Già lo storico Vincenzo Pirani, che aveva conosciuto Giorgio (morto nel 2001), aveva narrato la presenza di questa casa-museo non rivelando dove fosse.
Entrare nella villetta è un viaggio indietro nel tempo. Già dal di fuori se ne scorge la preziosità dei reperti che Giorgi ha fatto incastonare nei muri portanti: stemmi, capitelli, parti di arcate, colonne, basamenti, e persino la ricostruzione in miniatura di una città medievale.
Si contano almeno un centinaio di reperti dopo il sopralluogo dei carabinieri avvenuto un mese fa: tutti pezzi databili tra il secondo secolo dopo Cristo e il XVII secolo.
«Già dall’esterno si vedono i componenti architettonici – spiega il maggiore Carmelo Grasso, comandante del Nucleo tutela patrimonio culturale – non coevi alla casa e al suo anno di costruzione. Noi abbiamo notificato il decreto di perquisizione al proprietario e sequestrato tutto ciò di cui già si narrava dai racconti della città. Una grande mano all’attività l’ha data l’inchiesta del giornalista Milzi». I carabinieri si sono avvalsi anche dell’esperienza di uno storico dell’arte, il professore Pierlugi Moriconi, dell’architetto della Sovrintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggi delle Marche Biagio De Martinis e del funzionario archeologo Maria Raffaella Ciuccarelli. Il mosaico, di materiale lapideo e non di marmo, risale al secondo secolo dopo Cristo.
«È una porzione di pavimento – dice Ciuccarelli – strappato e riposizionato, poteva essere di una chiesa di Ancona o di una domus».
Tra i vari reperti anche una targa del 1796. «Riporta il nome dei Giorgi e dei Bonda – spiega Milzi – che sono state due famiglie anconetane ma di origine ragusana. Forse il Giorgi che ha salvato tutti questi reperti d’arte era un loro discendente».
La Sovrintendenza avvierà una procedura per la dichiarazione d’interesse della villetta in modo da sottoporla ad un vincolo per le opere che non potranno essere rimosse e per garantire la fruibilità della casa-museo anche al pubblico, come avviene per altri siti di valore artistico.
I carabinieri invitano a segnalare se si hanno in casa reperti storici perché gli oggetti non verranno portati via ai proprietari ma saperne l’esistenza permetterà almeno un censimento.