Attualità

Castelfidardo, il vignettista Toccaceli e la ricetta “contro il virus”

Il noto disegnatore marchigiano combatte a colpi di colore e fantasia la difficile battaglia contro il coronavirus e nelle sue vignette racconta in chiave ironica la quarantena per strappare un sorriso ai followers

Giorgio Toccaceli
Giorgio Toccaceli

CASTELFIDARDO – Il vignettista Giorgio Toccaceli, 66 anni, vive a Castelfidardo e in questo periodo di quarantena sta strappando a tutti i suoi followers dei sorrisi, regalando ogni giorno una nuova vignetta che racconta il periodo fuori dal comune in chiave ironica. Con ironia e passione sta combattendo a colpi di colore e fantasia la difficile battaglia contro il virus al ritmo serrato di una vignetta al giorno.

«Ho iniziato questa avventura quando è incominciata la quarantena. Mi sono detto: devo lasciare un ricordo, un’immagine, magari in modo leggero, di ciò che ci sta accadendo – racconta dal suo studio pieno di colori -. Una situazione come questa passerà alla storia e come un fotografo lascerà immagini, un regista farà un film, io voglio lasciare delle vignette a commentare in modo leggero il disagio che stiamo vivendo. Il mio motto in questo periodo? Se non mi sconfiggerà il Covid-19 lo renderò ridicolo».

Nato come vignettista per giornali locali, Toccaceli ha partecipato al museo internazionale della caricatura di Tolentino, prendendo anche parte alla Biennale dell’Umorismo e la sua arte si è diffusa tramite mostre a lui dedicate, tra tutte “Tuffo nel colore” e “Nascosto nella tela” che prende il nome dalla sua nota firma, disegnarsi cioè all’interno dei suoi quadri. La sua giocosa ispirazione, che strappa sorrisi, trasuda dolcezza e fa riflettere, ha girato in lungo e in largo la Regione e non solo. Le sue caricature e i suoi dipinti, visibili sui social Facebook (profilo Giorgio Toccaceli) e su Instagram, sono capaci di immortalare nella stessa azione i sentimenti, le virtù e i vizi di un’intera comunità, contestualizzandoli e proponendo in un quadro uno spaccato sarcastico, ma sempre delicato, della società stessa.

«Disegnare per me significa scaricare la tensione, vivrei questi momenti con molta tristezza se non li guardassi da un punto di vista assurdo e comico. Come dice mia moglie, soffro la sindrome di Peter Pan, prima ero piccolo, poi sono diventato vecchio ma non sono mai stato grande. I miei occhi vedono le cose come quando avevo otto anni e come un bambino non percepisco la catastrofe ma il super eroe che sconfiggerà il male».