VISSO – Sono 123 gli esemplari di camoscio appenninico avvistati durante l’ultimo censimento della specie effettuato nel territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. L’osservazione autunnale si è tenuta lo scorso 7 novembre, dopo che, per ben due volte, le condizioni meteo avverse avevano costretto ad un rinvio. 6 femmine e 1 maschio adulto già marcati, 41 adulti non marcati, 19 yearling (esemplari giovani che hanno almeno un anno di vita) di sesso indeterminato, 21 piccoli, di cui 5 nati tra i mesi di maggio e luglio 2019 e 35 esemplari indeterminati portano ad un numero minimo certo di 123, quando la stima sul totale si aggira intorno ai 180 camosci presenti nell’intera area del Parco.
I camosci sono stati censiti principalmente nella zona del Monte Bove (Bove Nord, Bove Sud, Bicco), ma l’elemento più significativo che emerge da quest’ultima osservazione è la conferma della presenza di un branco che gravita, dal periodo estivo appena trascorso, sul versante sud del Monte Priora. Ai primi del ‘900 e durante la Seconda Guerra Mondiale solo 30 erano gli esemplari rimasti e l’alto rischio estinzione della specie è stato scongiurato grazie alla reintroduzione di una trentina di ungulati avvenuta nel 2008 proprio nel Parco dei Monti Sibillini.
I camosci, da sempre stanziati nella zona del massiccio del Monte Bove, la stessa del primo rilascio, oggi si sono dunque strutturati in branco anche al di fuori dell’area in questione. In particolare, tra il Pizzo del Berro e il Monte Priora ben 30 sono gli individui osservati, di cui 18 gravitano principalmente sul versante della Priora che si affaccia sulla Valle del Tenna.
«Proprio recentemente il Laboratorio di Biologia evolutiva dell’Università Politecnica delle Marche, coordinato dal prof. Vincenzo Caputo Barucchi, effettuando la valutazione su un cranio sub-fossile ritrovato in una grotta alle pendici del Monte Vettore, – ricorda il Presidente del Parco Andrea Spaterna – ha indicato per il reperto un’età di circa 3.000 anni, dimostrando in modo inequivocabile che il camoscio era autoctono nei nostri territori. L’analisi del DNA antico estratto da un frammento di osso ha inoltre svelato che l’esemplare era portatore di un genotipo che oggi non è più presente nella popolazione attuale, caratterizzata infatti da una bassissima variabilità genetica dovuta ai numerosi crolli demografici che l’hanno portata più volte vicinissima all’estinzione, cosa che oggi stiamo cercando di scongiurare».
Un altro bel segnale che conferma l’importanza del Parco e del lavoro che viene svolto dagli uffici dell’Ente per contribuire a preservare la biodiversità e a valorizzare le straordinarie risorse naturali del territorio dei Sibillini