Si chiama Blue Whale, letteralmente balena blu, ed è il nuovo folle gioco che sta spopolando tra gli adolescenti. Una moda che coinvolge i ragazzi in una serie di prove, 50 per la precisione, fino al raggiungimento della tappa finale: il suicidio.
Un macabro “rituale” da compiere ogni giorno che induce un forte stress nei partecipanti e che prevede, tra l’altro, di alzarsi ogni giorno alle 4.20 di mattina.
Nelle Marche ha suscitato scalpore il caso della ragazzina 13enne di Pescara ricoverata presso il reparto di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Salesi di Ancona, dopo aver tentato il suicidio proprio in seguito a questa assurda pratica.
«È necessario capire se si tratta di una bufala o di un fenomeno reale – afferma Luca Russo analista forense che collabora con oltre 15 procure italiane –. In Russia sembrerebbe aver provocato circa 150 morti, ma il condizionale è d’obbligo. Bisogna chiarire se è un fenomeno costruito “ad ok” , che è poi arrivato, anche in Italia, con il messaggio che esiste questa pratica. In ogni caso, bufala o meno, il problema è che si tratta di un disegno che porta alla morte e che i ragazzi purtroppo seguono proprio per la sua diffusione sui social network. In questi 50 giorni i partecipanti devono rendere conto delle loro prove ad un soggetto esterno, che controlla il gioco e che vuole impossessarsi della loro vita. Ho l’impressione che vengano messi in atto dei meccanismi psicologici che portano il ragazzo ad abituarsi al dolore per poi vedere nella morte la sua naturale liberazione».
La rete si conferma, pertanto, ancora una volta pericolosa per i ragazzi, se utilizzata in maniera incontrollata. «Su Internet – prosegue Luca Russo – i ragazzi al giorno d’oggi trovano di tutto: ci sono sesso libero, droga, gioco e viene persino spiegato nel dettaglio come usare un’arma».
Insomma uno strumento dalle mille potenzialità ma anche dai molteplici rischi, che se usato senza il controllo vigile dei genitori e soprattutto in età non appropriata può portare a conseguenze spiacevoli. «Purtroppo seguo diversi casi in Tribunale – afferma l’analista forense – dove i figli hanno uno smartphone come baby-sitter e con esso passano le giornate intere a chattare di sesso e droga con gli amici. Viviamo in un mondo, fatto di tablet, pc e telefonini, in cui non è facile interagire con i figli, anche per gli impegni lavorativi dei genitori. Tuttavia questi fenomeni ci riportano all’attenzione la necessità di dialogare con i ragazzi e spiegare tempestivamente certi fenomeni, come il Blue Whale, prima che essi ne parlino con i loro amici. È importante non solo parlare del fatto accaduto, ma fare anche prevenzione, dare un’alternativa ai ragazzi». «L’obiettivo degli investigatori – sottolinea Russo – è quello di identificare i responsabili di questo fenomeno. In ogni caso è bene ribadire che si tratta di una pratica illegale. Il reato è quello di istigazione al suicidio con aggravanti importanti, tra le quali circonvenzione di incapace, perché i ragazzi coinvolti nel gioco, perdono la capacità di ragionare. È un fenomeno nuovo ma che purtroppo si sta diffondendo rapidamente a macchia d’olio».
Non solo Blue Whale, sono diversi gli episodi che suscitano preoccupazione nelle Marche. Tra questi il gioco di farsi i selfie sui binari con il treno in arrivo, come accaduto nelle prime settimane di aprile a Pesaro e Porto Recanati. Nello stesso periodo a Senigallia un ragazzino, con una busta in testa, ha sfidato la sorte attraversando la strada sotto gli occhi dei passanti e di un gruppo di amici. Per arrivare ai più recenti episodi accaduti a Castelfidardo oltre un mese fa e che hanno coinvolto alcuni ragazzini di età compresa fra gli 11 e i 13 anni, i quali nel tardo pomeriggio hanno attraversato la strada sfidando le auto in corsa. Una roulette russa, che spesso viene fotografata e postata sui social network. Insomma anche nelle Marche i giochi pericolosi sono sempre più diffusi tra i giovanissimi. Conosce bene questi fenomeni Annunziata Brandoni, pedagogista di Castelfidardo, autrice di testi sul bullismo ed ex preside in pensione, che lancia un vero e proprio grido d’allarme.
«Questi comportamenti a rischio si stanno moltiplicando. I genitori vanno informati, solo così si possono arginare questi fenomeni. Bisogna parlarne il più possibile senza timore di creare emulazione, ma allo scopo di prevenire e controllare queste “mode pericolose”. I ragazzi, infatti, già conoscono questi fenomeni. Bisogna che i genitori prestino maggiore attenzione a come trascorrono il tempo i loro figli.»
Un disagio giovanile che, secondo la pedagogista fidardense, è alla base di questi comportamenti rischiosi, che spingono i ragazzi a mettere a repentaglio la propria vita per sentirsi vivi. «Quando chiedo ai ragazzi il perché di queste condotte – afferma Annunziata Brandoni – parlando in chat con loro mi rispondono che si annoiano. Credo che questi ragazzi manchino, oltre che del controllo dei genitori, anche di un progetto di vita. Vivono alla giornata. I genitori devono aiutare i ragazzi a coltivare le loro passioni, siano esse sport, musica, arte o di altro tipo. I figli vanno ascoltati prima di tutto e seguiti. Al giorno d’oggi viene concessa troppa libertà ai giovanissimi e anche l’utilizzo della tecnologia va limitato. Questi fenomeni, Blue Whale incluso, si diffondono attraverso la rete. Servirebbe una legge per vietarne la diffusione e sarebbe opportuno creare un gruppo di lavoro, costituito da psicologi, psicoterapeuti e pedagogisti per studiare questi fenomeni e creare un gioco alternativo, connotato positivamente, sulla scia di quanto sta avvenendo in Brasile, dove hanno attivato la Balena Rosa, un gioco con sfide positive».
Ma quali sono i segnali ai quali le famiglie dovrebbero prestare attenzione? «I ragazzi si isolano – sottolinea Annunziata Brandoni – trascorrono la maggior parte del tempo collegati alla rete. Evitano lo sguardo dei genitori e sono spesso tristi, a volte depressi. Ci può essere anche un peggioramento nel rendimento scolastico. Nel caso del Blue Whale, inoltre i ragazzi presentano dei segni di autolesionismo sulle braccia. Se ci si accorge che un ragazzino manifesta uno di questi segnali o si è certi che è vittima del gioco, bisogna segnalare immediatamente il fatto alla Polizia che eseguirà le indagini per verificare chi diffonde il gioco in rete, e poi far seguire i ragazzi e la famiglia da psicologi».
«Sono arrabbiata con chi sostiene che non se ne debba parlare perchè si rischia di incrementare il fenomeno – prosegue la pedagogista – è vero invece il contrario. Sta succedendo come con il bullismo: prima si è cercato di mettere a tacere chi segnalava il fenomeno, ma esso si è diffuso lo stesso. Anche le istituzioni hanno il dovere di agire. È necessario fare prevenzione già dalla scuola materna, attraverso attività che parlino il linguaggio dei bambini e dei ragazzi, come ad esempio il teatro pedagogico. Alla base di tutto però ci sono le famiglie, sono loro che devono accorgersi che qualcosa non va nei figli».