È candidata al Premio Nobel per la pace, iscritta tra i 25 teenager più influenti dalla rivista Time, si è presentata davanti ai principali meeting internazionali dove ha accusato senza possibilità di appello i suoi ospiti – capi di stato e imprenditori – e annunciato l’imminente cambiamento, quello che deve portare alla salvaguardia del pianeta, “malato” di riscaldamento globale.
È Greta Thunberg, giovane studentessa svedese nata nel 2003 che sta invitando all’azione un’intera generazione. È lei l’ideatrice dei Fridays For Future, l’artefice delle manifestazioni per promuovere politiche e comportamenti sostenibili, è lei che ha portato nelle strade di centinaia di città del mondo (qui la mappa aggiornata) studenti in occasione degli scioperi internazionali per il clima del 15 marzo scorso e per quello appena concluso del 27 settembre.
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Dunque Greta è la Giovanna d’Arco del terzo millennio, oppure è l’ultimo prodotto di eco-marketing internazionale?
È il dilemma più attuale e inquietante del momento che impazza sul web. Porsi domande o indagare sulla vita della giovane significa correre il rischio d’essere marchiati come negazionisti oppure incorrere nelle inevitabili fake news. Le opinioni sono ormai così polarizzate che sembra grave anche porsi la domanda più naturale quando si ha a che fare con una minorenne: di chi è figlia?
Per i detrattori la sedicenne più famosa del mondo sarebbe un prodotto di marketing che ha avuto una incredibile visibilità globale, lanciando la protesta dei giovanissimi per i cambiamenti climatici in atto, dei quali sarebbero responsabili (quasi) tutti i governi dei Paesi industrializzati.
Ormai tutti sappiamo chi è Greta, abbiamo visto i video dei suoi interventi e delle sue accuse ai Potenti del mondo. Sappiamo che il padre è l’attore svedese Svante Thumberg, sappiamo molto di più della mamma Malena Ernman, cantante lirica che vanta performance all’Eurovision Song Festival e scrittrice che ha pubblicato il suo libro quattro giorni prima del famoso intervento di Greta del 16 dicembre 2018, alla Cop 24 di Katowice in Polonia, conferenza sul cambiamento climatico organizzata dalle Nazioni Unite, dove 24 capi di stato discutevano del clima e dell’ambiente.
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Stiamo parlando del libro “La nostra casa è in fiamme” (edito in Italia da Mondadori) uscito contemporaneamente al boom mediatico di Greta, attribuito dai più erroneamente alla figlia e dove solo il 10% è dedicato all’ambiente. Lo avete letto? Il libro di 231 pagine ne contiene 21 dedicate ai discorsi trascritti della giovane attivista fatti dal vivo e le restanti 210 pagine è l’autobiografia della famosa madre cantante. Un successo enorme, campione di vendite in mezzo mondo è considerato come il manifesto del nuovo movimento ambientalista.
I detrattori invece trovano sospetto il tempismo con cui è stato pubblicato, che sia un’operazione di marketing pianificata a tavolino?
È interessante sapere che esiste un precedente caso molto simile a quello di Greta, che in molti sul web trovano sospetto e considerano quasi un plagio: nel 1992, all’età di 12 anni, la canadese Severn Cullis Suzuki partecipò al primo e storico Vertice della Terra a Rio de Janeiro dove tenne un appassionato discorso. Con una sostanziale differenza: Severn a 9 anni, aiutata dai genitori valenti ambientalisti, aveva fondato un movimento di bambini (Eco-Environmental Children Organization) che era diventato famoso in Canada e non solo, perché chiedeva più attenzione per il pianeta. Per questo era stata invitata allo storico vertice di Rio.
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Chi ha portato invece l’allora sconosciuta Greta al Cop 24 di Katowice? Andreas Henriksson, giornalista investigativo svedese che si è occupato di ricostruire la rete di relazioni che ruota intorno alla giovane, identifica come “scopritore” della Thumberg il manager Ingmar Rentzhog. Pochi mesi prima di incontrare Greta, a maggio 2018, Rentzhog era stato nominato presidente del think tank Global Utmaning (che significa «sfida globale», ndr), fondato e finanziato dall’ex ministro della cooperazione nordica e ministro dello sviluppo strategico, la milionaria Kristina Persson.
Rentzhog ha creato una fondazione e un portale web dal titolo We Don’t Have Time (Non abbiamo più tempo) https://www.wedonthavetime.org/ che è anche il motto che Greta usa in continuazione. La fondazione – che ovviamente si occupa di ambiente e clima – ha raccolto 2,8 milioni di euro in poche settimane ed è diventata potentissima influencer di prodotti presunti ecologici. Greta era all’interno della fondazione con ruolo e paga, ne è uscita appena la stampa svedese l’ha scoperto. Ma We don’t have time Foundation prosegue a tappe forzate senza cambiare il suo nome. La famiglia della ragazza ha anche detto che i proventi del libro andranno a organizzazioni ambientaliste.
Mentre Greta è attualmente il simbolo della lotta per i cambiamenti climatici grazie all’enorme visibilità avuta, in molti si chiedono se seguirà la strada intrapresa da Severn Cullis Suzuki: laureatasi in ingegneria ambientale, scrittrice e conduttrice di programmi televisivi, moglie e mamma di due figli.
Noi per adesso abbiamo raccolto l’invito della stessa Greta di credere nella scienza. Sul web sta spopolando il video di uno dei massimi esperti mondiali del clima terrestre, il professor Carlo Rubbia Premio Nobel per la fisica. Il 28 marzo scorso, al Senato della Repubblica Italiana, il professor Rubbia ha praticamente smontato pezzo per pezzo le teorie sulle cause dei cambiamenti del clima. Il suo discorso, una lectio magistralis ovviamente ignorata dai media, in estrema sintesi afferma che il clima è stato sempre in stato di cambiamento e che al tempo dei Romani era più caldo di 0,2 gradi di oggi. Ha spiegato, il nostro Nobel, che le ere di glaciazione e di deglaciazione non sono mutabili e che se, per assurdo, le emissioni di anidride carbonica cessassero improvvisamente questo non inciderebbe che minimamente sull’attuale fase di deglaciazione. E ancora: Rubbia sostiene che non sono i Paesi occidentali a creare l’eccesso di cO2 ma Cina, India, e Paesi in fase di forte sviluppo senza alcuna regola di tutela ambientale. Ha aggiunto che ottanta anni fa la Terra era abitata da circa quattro miliardi di perone, oggi diventati sette.
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Un altro grande scienziato italiano di fama mondiale, il professor Antonio Zichichi, invita Greta “a tornare a scuola e studiare molto per combattere i cambiamenti del clima, non di lasciare la scuola per fare discorsi senza alcun fondamento scientifico. Il riscaldamento globale – prosegue lo scienziato – dipende dal motore meteorologico dominato dalla potenza del sole. Le attività umane incidono per il 5%, il 95% dipende invece da fenomeni naturali legati al sole. Attribuire alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico”.
Da segnalare a questo proposito la lettera firmata da 500 scienziati da tutto il mondo che denunciano che i dati presentati da Greta Thumberg sono falsati. Link: http://europa.today.it/ambiente/emergenza-climatica-scienziati.html
La lettera indirizzata al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, denuncia che “i modelli climatici su cui si basa attualmente la politica internazionale non sono adeguati al loro scopo”. “L’archivio geologico – prosegue il documento – rivela che il clima della Terra è variato finché il Pianeta è esistito, con fasi naturali fredde e calde”. I firmatari prendono quindi di mira le previsioni attuali che “molto probabilmente esagerano l’effetto dei gas serra come la CO2”. Gli studi più citati dal movimento ambientalista, secondo gli scienziati negazionisti dell’emergenza climatica, “ignorano il fatto che arricchire l’atmosfera con CO2 è benefico”. “Non ci sono prove statistiche che il riscaldamento globale stia intensificando uragani, alluvioni, siccità e simili calamità naturali, o rendendoli più frequenti”, si legge nel documento che si oppone a quanto invece sostenuto dalla gran parte degli studiosi.