SENIGALLIA – La “Fondazione Maria Grazia Balducci Rossi” è una onlus di Senigallia che opera a sostegno dei più bisognosi, persone che non hanno salute, lavoro, cibo e affetto. A sostenerla, il presidente Tommaso Rossi, in prima linea insieme ai figli Michela, Andrea, Massimo e Sandro. Ai margini della foresta, nel villaggio di Yakassé-Féyassè, in Costa d’Avorio grazie ai contributi della fondazione, sono stati costruiti, e sono gestiti, un centro sanitario e uno di accoglienza, diventati luoghi di riferimento per la popolazione. Il centro sanitario si compone di un reparto maternità, un ambulatorio, un laboratorio di analisi, un centro nutrizionale, una farmacia e una sala operatoria. Il personale cura e assiste la popolazione, la informa sull’importanza della prevenzione delle malattie infettive e la forma su corretti stili di igiene e di alimentazione. Nel centro di accoglienza i bambini hanno un asilo, i ragazzi e gli adulti imparano a leggere e a scrivere e gli anziani soli e non autosufficienti vengono alimentati, curati e ascoltati.
Presidente com’è nata la Fondazione?
«Nasce il 28 novembre 2007 come evoluzione di un’opera benefica che avevo avviato dieci anni prima, in seguito ad una disgrazia che colpì la mia famiglia. Mi sono trovato a riflettere e a vedere le cose in modo diverso. Una vita, quella di mia moglie fu perduta e a lei ho dedicato, con l’apporto della mia famiglia, un centro di accoglienza in Costa d’Avorio».
Negli anni avete fatto molto e costruito molto…
«Ci siamo basati sull’insegnamento, perché se ci si limita a fare l’elemosina si lascia che i poveri restino poveri. Lo scopo della Fondazione è quello di condividere le conoscenze. Noi insegniamo il “come si fa”, gli diamo i mezzi e loro devono costruire».
Una politica completamente diversa rispetto a quelle che vengono intraprese per il Terzo Mondo da gran parte delle associazioni..
«La lotta contro la povertà è uno dei settori più importanti dell’economia mondiale, spesso le onlus e le ong diventano degli stipendifici: si fa leva sulla povertà, anzi sul pietismo che è peggio. Dobbiamo fare in modo che abbiano i nostri stessi diritti che per loro sono ancora considerati come una conquista. Nessuno spirito assistenziale: creiamo loro un lavoro, gli garantiamo uno stipendio, gli spieghiamo come migliorare le condizioni di salute e questo ci ha portato a grossi risultati, senza spendere soldi. Anzi, il nostro obiettivo è quello di diminuire i contributi, anche se al momento, è impossibile perché c’è sempre qualcosa da migliorare».
Avete costruito anche una Chiesa
«Si, una chiesa cattolica su un terreno che ci è stato donato da un musulmano. E questo la dice lunga».
Avete anche presentato un progetto?
«Si chiama “Progetto di Sviluppo Rurale” ed è dedicato alla crescita sociale ed economica dei villaggi e degli accampamenti sperduti in aree desertiche o nella foreste dei paesi poveri, che sono privi di ogni servizio».
Come si sviluppa?
«Attraverso le energie alternative del vento, del sole e della biomassa, la Fondazione intende avviare piccole attività agricole e artigianali e promuovere uno sviluppo socio economico, auto-sostenibile. Il progetto sta diventando una concreta opportunità di riscatto per le popolazioni abbandonate. Nel 2014 è stato presentato alla Banca Africana di Sviluppo e alla Banca Mondiale, due istituzioni internazionali che lo hanno valutato positivamente. C’è ancora molta strada da fare, non ci arrendiamo».
Si reca spesso in Costa d’Avorio?
«Mio figlio Andrea vive là ed è presidente della Fondanzione per la Costa d’Avorio. Prima andavo più spesso, ora un po’ meno. C’è anche un ragazzo di Pesaro che funge da punto di riferimento nel villaggio».
Quanto investe ogni anno nella Fondazione?
«Circa 200mila euro, c’è piena trasparenza su tutto. Stiamo lavorando per il futuro, l’ente ha un suo codice etico, al momento il presidente è Tommaso Rossi, ma è aperta a tutti e chi è interessato può venire a vedere con i suoi occhi cosa stiamo facendo».