PESARO – Lavoratori atipici, contratti di somministrazione. Un intero mondo sprofondato nell’emergenza e nel miraggio di una nuova occupazione.
Valentina D’Addario, funzionaria di Nidil Pesaro Urbino, parla della situazione nella provincia di Pesaro: «Gli atipici sono quei lavoratori che non hanno un comune contratto di lavoro da dipendenti dell’azienda per la quale lavorano e sono costretti a rincorrere certezze e stabilità. Quando ottengono un contratto della durata di almeno quattro o più settimane possiamo parlare quasi di miracolo.
I lavoratori somministrati, i parasubordinati, atipici e autonomi con il protrarsi dell’emergenza Covid-19 si destreggiano tra missioni lavorative di breve durata e attività di equilibristi tra più contratti di lavoro part-time contemporaneamente. Nella nostra provincia – aggiunge D’Addario – c’è stato un aumento massiccio dell’uso della somministrazione negli ultimi anni (abbiamo realtà aziendali dove la somministrazione ha un ruolo importante e decisivo nell’organico necessario alla produzione) e di quei lavoratori, ex interinali, che hanno missioni brevi e vivono senza alcuna garanzia di permanenza sul posto di lavoro».
Negli ultimi due mesi sono state richieste circa 350 Tis (Trattamento di integrazione salariale) che hanno interessato circa 1.650 lavoratori in somministrazione. Numeri considerevoli compresi nei circa 5.400 dell’intera regione Marche.
«Nelle ultime settimane abbiamo riscontrato come un numero consistente di contratti di lavoro a termine non sia stato prorogato, un trend che sta diventando una regola: dal momento della scadenza del contratto si è fuori dal mondo del lavoro, si è disoccupati con l’ardua prospettiva di una ricollocazione. I lavoratori in somministrazione nell’emergenza Covid-19 sono i primi a uscire dal luogo di lavoro, dall’organizzazione interna delle aziende perché non essendo stati assunti direttamente è più semplice e comodo ‘sbarazzarsene’ senza tanti problemi».
Poi ci sono gli autonomi e parasubordinati. «Sono praticamente esclusi da tutto e per loro non ci sono gli strumenti di tutela in caso di malattia, non ci sono ferie e soprattutto non c’è possibilità di accesso agli ammortizzatori sociali – spiega D’Addario -. Il sistema bonus messo in atto con il Decreto Cura Italia non è stato sufficiente a tutelarli. Con l’uscita di quest’ultimo Decreto le Naspi in scadenza o scadute tra il 1° marzo e il 30 aprile saranno prorogate di due mesi. È solo una boccata di ossigeno che certamente non risolve il problema alla radice.
Il Decreto Rilancio rappresenta un passo importante, ma non è possibile limitarsi a manovre dettate dall’emergenza. È invece indispensabile iniziare una seria e costruttiva discussione non solo su come vogliamo far ripartire il lavoro ma anche verso dove lo vogliamo portare, avendo come obiettivi la stabilizzazione dei precari e la garanzia di tutele per tutti».