ANCONA – “Quando curi una malattia puoi vincere o perdere, quando ti prendi cura di una persona vinci sempre”: è la frase simbolo del film “Patch Adams”, interpretato da uno straordinario Robin Williams. Ed è anche il motto del reparto Covid 8 dell’ospedale delle Torrette di Ancona, che nei giorni scorsi ha lanciato un appello per raccogliere tablet e cellulari usati da distribuire ai propri pazienti, soprattutto i più anziani.
La battaglia contro il Coronavirus si combatte anche così, prendendosi cura delle persone e farle sentire meno sole. «È bastato un semplice post su facebook per raccogliere cellulari e Ipad, magari non più utilizzati perchè fuori moda per esempio, oppure nascosti nei cassetti ma ancora funzionanti – spiegano gli infermieri del reparto -. Questi cellulari vengono collegati al Wifi tramite delle password fornite dall’Azienda ospedaliera, così riusciamo a fare delle videochiamate per far parlare i pazienti con i propri familiari. Per loro non è facile comunicare, sono rallentati nell’eloquio e nei gesti, sono astenici, hanno spossatezza, ma abbiamo provato a farli sentire meno soli non potendo vedere nessuno se non il personale medico. Di noi tra l’altro vedono solo gli occhi, perché siamo coperti come astronauti, cerchiamo di sorridergli con il nostro sguardo».
Il Covid 8 è il reparto cardiologico degli Ospedali Riuniti di Ancona, riconvertito per accogliere pazienti affetti da Covid-19, all’interno del Dipartimento di Scienze Cardio-Vascolari con primario il dott. Perna. L’equipe medica è coordinata dalla dott.ssa Ilaria Battistoni ed è costituita da cardiologi con un background intensivo. «Questo reparto è stato creato in pochi giorni – ci dicono – con percorsi sporchi e puliti, per sopperire all’emergenza sanitaria; chiedendo a noi infermieri della semi intensiva di collaborare sopratutto per affiancare infermieri che non hanno esperienze di intensiva e che lavoravano in altre Unità Operative attualmente chiuse per creare reparti Covid».
Attualmente il reparto accoglie 24 persone ricoverate, ma potrebbe arrivare a contenerne fino a 50 in caso di necessità. I pazienti in cura sono di tutte le età, ci sono casi anche sotto i 30 anni. «Il Covid 19 non guarda in faccia a nessuno – spiegano gli infermieri del reparto – non tiene conto dell’età, del colore della pelle, del ceto sociale, del vissuto di una persona. Sono pazienti compromessi a livello polmonare, che hanno bisogno di presidi come ventilatori, casco C-PAP, VMK ed occhialini per sopperire al deficit respiratorio».
I turni di lavoro del personale medico sono di 8 ore, di cui 4 con copertura integrale all’interno del “cov”, un equipaggiamento protettivo formato da mascherine FFp3, visiere, occhiali, camici e calzari protettivi, che lascia segni evidenti della battaglia consumata durante una giornata di lavoro. «Abbiamo ferite sul naso – ci spiegano – sulla fronte e dietro le orecchie, non beviamo per non dover andare in bagno e quindi ci disidratiamo». E finito il lavoro il pensiero è rivolto ancora agli altri. «Quando torniamo a casa la paura di infettarsi non è per noi, ma per chi ci circonda – spiegano – molte colleghe impiegate ai COV hanno preferito lasciare i loro figli dai nonni o isolarsi dai genitori anziani. La paura c’è, ma la voglia di vincere questa battaglia è più forte».
Nonostante tutto questo, gli infermieri del Covid 8 delle Torrette non si sentono eroi. «È il nostro lavoro – ribadiscono – e pensiamo di farlo al meglio con o senza Covid». Poi lanciano un appello finale: «Chiediamo a tutti di stare a casa, di uscire soltanto per evidenti necessità e capire alla fine di questa storia che la felicità è fatta di piccole cose».