ANCONA – Segno meno per l’olio extravergine di oliva marchigiano che, con la chiusura forzata di bar, ristoranti e agriturismi a causa dell’emergenza sanitaria e della lenta ripresa a “fasi”, ha registrato un calo delle vendite del 15%. È la stima effettuata da Coldiretti Marche e Aprol, l’associazione degli olivicoltori marchigiani, rispetto ai danni economici generati dal Coronavirus. A pesare sulle aziende e su oltre 13mila ettari di campi coltivati (di cui circa 2mila biologici) è stato soprattutto il blocco del canale horeca ma ora la preoccupazione maggiore riguarda il crollo dei prezzi pagati ai produttori (-44%) e la presenza nei mercati mondiali di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo e soprattutto tunisino, pronti ad arrivare sugli scaffali a prezzi stracciati. Tra l’altro, nella maggioranza dei casi le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”, obbligatorie per legge in etichetta, sono riportati in caratteri minuscoli dietro la bottiglia. L’importazione di oli dall’estero rappresenta un grande problema per i produttori di olio extravergine di oliva.
«Le giacenze della campagna di commercializzazione 2019/20 si sono chiuse il 30 giugno quindi è ancora presto per fare una stima del calo delle vendite e capire com’è realmente la situazione. Bisogna anche tenere conto che il mercato dell’olio è ondivago. Per quanto riguarda la mia azienda, durante il lockdown abbiamo aumentato le vendite ai privati in quanto abbiamo attivato il servizio di consegna a domicilio. Siamo stati penalizzati dalla chiusura della ristorazione che ora però è ripartita- commenta Francesca Petrini, Fattoria Petrini Monte San Vito-. Come dimostra un’indagine effettuata dal Crea sulle abitudini alimentari degli italiani durante la quarantena, le famiglie hanno consumato più olio evo. La ricerca non indica l’origine dell’olio ma viste le importazioni crescenti soprattutto dalla Tunisia, probabilmente il vantaggio economico è andato all’olio evo estero.
Dai dati nazionali sullo stock di olio emerge infatti che le giacenze sono alte. È una situazione paradossale: in magazzino abbiamo giacenze di olio d’oliva di pregio e importiamo un olio scadente a due euro al litro penalizzando i prodotti italiani. I prezzi al ribasso stanno deprimendo il mercato e a peggiorare la situazione è la grande distribuzione che fa continue promozioni sotto costo dell’olio d’oliva, svilendo il prodotto».
«Il calo delle vendite è alto. Finché le persone continueranno ad acquistare l’olio al supermercato a 2 o 8 euro al litro non si possono fare paragoni rispetto ad un olio extravergine di oliva che deve costare 20 euro al litro- afferma Stefano Mancinelli, azienda agricola Mancinelli di Morro d’Alba -. Chi compra questi prodotti a basso costo non consuma olio extra vertigine di oliva ma un liquido unto, grasso, forse vegetale. Durante la pandemia, noi aziende agricole non abbiamo fermato l’attività in quanto le piante devono essere seguite, curate, potate. Per contro non abbiamo avuto vendite quindi il discorso è doppiamente negativo: continuiamo a spendere senza avere incassi».
Secondo la presidente di Coldiretti Marche, Maria Letizia Gardoni, «nell’immediato vanno assicurati sostegno a fondo perduto per le imprese produttrici di olio 100% tricolore per compensare la riduzione delle vendite e un aiuto integrativo per gli oli certificati Dop e Igp in giacenza, sfusi o confezionati non venduti alla data del Dpcm dell’11 marzo».
Inoltre, aggiunge la Gardoni, «per rilanciare il settore Coldiretti ha elaborato un piano salva ulivi con un pacchetto di misure straordinarie a sostegno delle imprese agricole e frantoi che operano in filiera corta, quelle oggi maggiormente a rischio, con lo sblocco immediato delle risorse già stanziate per l’ammodernamento della filiera olivicola, anche attraverso la semplificazione delle procedure».