FABRIANO – «Costruire in modo antisismico oggi è possibile, doveroso e spesso perfino conveniente». Questo il messaggio, forte e chiaro, scaturito dal seminario organizzato da Cna Costruzioni e Mapei dedicato alle tecniche di costruzione antisismica e al rinforzo strutturale del patrimonio edilizio esistente, svoltosi a Fabriano.
Davanti ad una platea di circa 150 persone, la Cna Costruzioni ha inaugurato con un argomento molto attuale e sentito, quello appunto della progettazione e costruzione antisismica collegate alla fragilità del territorio italiano rispetto al rischio naturale, un percorso formativo e qualificante rivolto alle imprese edili, che prevedrà in futuro altri appuntamenti su temi importanti.
«Le aree ad elevata criticità idrogeologica – ha spiegato Elisabetta Grilli, responsabile provinciale Cna Costruzioni – rappresentano il 10% della superficie italiana e riguardano l’89% dei comuni; le aree ad elevato rischio sismico sono circa il 50% del territorio nazionale e insistono sul 38% dei comuni. Nella quota di territorio a più elevato rischio sismico si stima che ricadano 10,7 milioni di abitazioni e 5,4 milioni di edifici. Tra questi, gli edifici prevalentemente residenziali corrispondono all’86% mentre quelli non residenziali (scuole, ospedali, alberghi, chiese, centri commerciali ecc) o inutilizzati rappresentano il 14%. Questo dato è frutto di una stima che si basa sulla quota percentuale di popolazione ricadente in zona sismica 1 o 2 rispetto alla quale è stata determinata la quota di edifici esposti a rischio potenziale».
La Grilli ha rimarcato come in Italia il 60% degli edifici è stato costruito prima del 1971 (pari a 7 milioni di edifici) e i restanti 4 milioni di edifici sono stati costruiti negli ultimi 30 anni. In particolare tra il 1972 e 1981 sono stati realizzati 1,9 milioni di edifici, tra il 1982 e il 1991 sono stati costruiti 1,3 milioni, tra il 1991 e il 2001 si contano 791 mila edifici. La vetustà del patrimonio non necessariamente implica un cattivo stato di conservazione delle strutture, ma sicuramente è indicativo rispetto alla tecnica costruttiva e all’utilizzo di tecnologie antisismiche.
«Questi importanti dati – ha proseguito Matteo Sticozzi, presidente provinciale Cna Costruzioni – ci portano direttamente al cuore della questione: rendere gli edifici veramente antisismici, nella sostanza oltre che nella forma. Per ottenere questo risultato occorre agire secondo direttrici, con un approccio strategico su più livelli. Indipendentemente dal fatto che si stia edificando una nuova costruzione o che si stia intervenendo su un manufatto esistente, è innanzitutto essenziale assicurare un intervento che in caso di sisma protegga in primo luogo l’incolumità delle persone che vi si trovano e in secondo luogo il mantenimento delle funzioni essenziali dell’edificio stesso. Si pensi per esempio a una scuola, a un ospedale o anche a una casa: ogni intervento su di loro deve assicurare che in caso di terremoto nessuno resti sotto alle macerie e che le strutture della casa, della fabbrica o dell’ospedale permettano all’edificio di mantenere interamente le sue funzionalità anche dopo il sisma».
Il seminario Cna ha ben posto in evidenza che in caso di terremoto infatti, la funzionalità dei fabbricati e di ciò che essi contengono è un obiettivo importante quanto la tutela della sicurezza delle persone: quante più case restano agibili dopo il sisma, tanto minore è il numero degli sfollati da assistere e dei conseguenti casi sociali; parallelamente, le industrie che mantengono la propria funzionalità produttiva sono una risorsa vitale per la ripresa post sisma dell’economia locale e gli ospedali che restano funzionali possono assistere in loco gli eventuali feriti a causa del sisma, limitando il numero dei trasferimenti ad altre strutture. «Da ciò – conclude Sticozzi – si comprende che costruire in modo veramente antisismico oggi certamente è possibile, doveroso e spesso è perfino conveniente».