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Covid, tra paura e dati. Clementi: «Solo un terzo di chi si rivolge ai Pronto Soccorso ha realmente bisogno di ricovero»

Il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano evidenzia il peso specifico del timore legato al contagio, che impatta sui numeri nelle strutture ospedaliere

ANCONA – «Una narrazione eccessivamente drammatizzata della pandemia, sta determinando una corsa ai Pronto Soccorso degli ospedali, mentre la maggioranza dei soggetti infettati potrebbe farsi seguire a casa». Il professor Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano, evidenzia il peso specifico della paura che fa lievitare i ricoveri non necessari nelle corsie degli ospedali. «Un fenomeno negativo», spiega, che «crea tanti problemi alle strutture ospedaliere» e impatta sulla funzionalità dei nosocomi.

Secondo Clementi i toni in alcuni casi troppo forti, «impressionano le persone» e nei Pronto Soccorso dei grandi ospedali «solo un terzo dei pazienti che vi accedono per Covid-19 ha bisogno di un breve ricovero e molto pochi richiedono un ricovero nei reparti intensivi o semi intensivi per la polmonite. Esistono poi i ricoveri sociali, quelli di coloro che non hanno possibilità di restare in quarantena nelle proprie abitazioni, perché si tratta di persone sole o perché hanno case troppo piccole per garantire l’isolamento dagli altri membri della famiglia».

La paura gioca dunque un ruolo cruciale in questa pandemia anche se però guardando ai dati relativi alla mortalità diffusi con l’ultimo report Istat, emerge che nel 2017 (1 marzo–15 maggio) il numero di decessi avvenuti in Italia è stato pari a 131.018, dei quali 33.295 casi con una malattia respiratoria (10.199 con polmonite), mentre nello stesso periodo i decessi con Covid-19 rilevati dal sistema di sorveglianza nel 2020 ammontano a 31.581.

Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano

Secondo il virologo, nonostante i numeri dei decessi legati al coronavirus siano inferiori, rispetto a quelli di altre patologie, come tumori, malattie cardiache ed altre «la mortalità da malattie infettive ha un impatto molto più elevato sulla percezione delle persone: basta pensare all’Aviaria, che seminò paura nel 2005, anche se si trattava di una malattia che non si trasmetteva da uomo a uomo, ma si contraeva da uccelli selvaggi e migratori». Patologie, quelle infettive, che «evocano il concetto di peste e sterminio» e che per questo suscitano maggiore timore.

Cosa consiglia alle persone che manifestano sintomi per evitare di cadere preda del panico? «Di rivolgersi al medico di famiglia. Bisogna potenziare la medicina territoriale e gestire a domicilio le persone con pochi sintomi». Che ne pensa del nuovo Dpcm? «È una medicina amara da prendere: molto amara per le zone rosse, un pò meno per le altre aree, ma molto amara per la scuola a distanza, che non è utile ai ragazzi».

In ogni caso però il virologo non è negativo sulle misure e afferma: «con le cifre degli ultimi giorni e la narrazione terroristica che qualcuno fa, temevo di peggio». Positivo il fatto che il nuovo provvedimento «affronti per la prima volta il problema dei trasporti, centrale nella diffusione del virus: chi vive nei grandi agglomerati urbani sa quanto i mezzi pubblici siano fonte di contagio e la non scuola». «Speriamo che produca i risultati auspicati – prosegue – e nei tempi previsti, entro il 3 dicembre» e in tal senso puntualizza che questo potrebbe avvenire se i casi non dovessero aumentare oltre i 30mila al giorno. Secondo Clementi «tra una settimana o due dovrebbero iniziare a farsi sentire i primi effetti» e ci potrebbe essere già un picco, seguito successivamente da una fase di discesa. «L’andamento della pandemia da qui in avanti potrebbe vedere dei picchi, per poi risalire, dando però un numero di infezioni via via sempre minori fino a che il virus non diventerà endemico. Se invece interveniamo con blocchi mirati della circolazione delle persone e soprattutto con i vaccini, si riuscirà a registrare un declino dei casi significativo».

A rendere il quadro più positivo ci sono i progressi scientifici, compiuti sia sul fronte dei farmaci che dei vaccini. «Prima del vaccino – spiega – arriveranno farmaci molto potenti: ci sono già delle validazioni cliniche di antivirali e anticorpi monoclonali, alcuni dei quali stanno mostrando risultati superiori ad ogni più rosea previsione anche nei casi gravi, con una riduzione dei ricoveri del 70% e della mortalità di oltre l’80%».
Il virologo spiega che all’ospedale San Raffaele stanno valutando una terapia a base di anticorpi monoclonali e un particolare interferone «che si sta manifestando molto efficace».