FABRIANO – Tocca anche Fabriano l’inchiesta dei carabinieri di Roma sulla Fondazione Gino De Dominicis, noto artista marchigiano scomparso nel 1998. Addirittura, gli investigatori non escludono che il laboratorio per la contraffazione delle opere d’arte possa aver luogo in città. Un’inchiesta che vede indagato anche il noto critico d’arte, molte volte a Fabriano, Vittorio Sgarbi.
Marta Massaioli, vicepresidente della Fondazione Gino De Dominicis, è stata arrestata e posta ai domiciliari nell’abitazione in cui vive da anni, Villa Rotondo a Civita, frazione di Fabriano. Individuato anche un locale per produrre quadri, dunque il possibile laboratorio. Sequestrati quattro quadri e documentazione utile per il proseguo dell’attività investigativa relativi all’archivio della Fondazione.
Un giro di opere d’arte contraffatte immesse nei canali leciti del mercato dell’arte contemporanea. Un business multimilionario dietro il quale ci sarebbe, per l’appunto, la Fondazione Archivio Gino De Dominicis di Roma, presieduta da Vittorio Sgarbi e che vede come vicepresidente la fabrianese d’adozione Marta Massaioli, oltre a importanti galleristi, esperti d’arte e mediatori commerciali.
Questa la conclusione alla quale sono giunti la Procura della Repubblica di Roma e i carabinieri del Reparto operativo Tutela Patrimonio Culturale della Capitale – sezione Falsificazione e arte contemporanea – che hanno sequestrato oltre 250 opere contraffatte, per un controvalore di oltre 30 milioni di euro, oltre a vario materiale usato per la falsificazione. Opere che erano state cedute, per la maggior parte, a ignari collezionisti. Ventitré in tutto gli indagati, tra questi il noto critico d’arte.
Secondo la procura della Repubblica, le opere d’arte ritenute contraffatte sono quelle attribuite all’artista marchigiano Gino De Dominicis, riconosciuto come uno degli autori più importanti dell’arte italiana del secondo Dopoguerra con quotazioni sempre più in rialzo sul mercato, e, in misura minore, ad altri maestri dell’arte contemporanea. L’indagine è durata circa tre anni. Agli arresti domiciliari è stata posta la vicepresidente della Fondazione Marta Massaioli, che da alcuni anni è residente a Fabriano e dove ha dato vita a una propria Fondazione che porta il suo nome, esattamente in una villa in Località Civita. Dagli investigatori, la Massaioli è considerata un personaggio di spicco nella vicenda «poiché, essendo stata in passato assistente personale dell’artista, verosimilmente sfruttava nella contraffazione delle opere le sue approfondite conoscenze circa le tecniche pittoriche e l’iconografia concettuale del maestro deceduto nel 1998», si legge nell’ordinanza. I presunti autori del reato sono, con posizioni diverse, coinvolti in maniera attiva in associazione a delinquere e nella falsificazione, autenticazione e commercializzazione di opere d’arte falsamente attribuite a De Dominicis.
I militari romani sono arrivati a Fabriano nella giornata di giovedì 29 novembre. Hanno bussato alla porta della villa a Civita notificando la misura degli arresti domiciliari a Marta Massaioli. Quest’ultima, considerata un personaggio di primo piano nell’inchiesta, è molto presente a Fabriano, addirittura nel 2017, alle elezioni comunali, si era presentata nella lista Rinascimento, promossa da Sgarbi, ottenendo solo tre preferenze. Inoltre, un annuncio rivolto agli appassionati d’arte e non solo. «Siamo lieti di comunicare che la Fondazione ha aperto una sede espositiva permanente e un centro studi presso la sede della Fondazione Marta Massaioli sita in Fabriano, località Civita, 1. Tutti i lavori relativi a rilascio autentiche, inserimento opere in catalogo generale, saranno svolti presso la sede di Fabriano con cadenza mensile», si legge nel sito della Fondazione.
Qui, infatti, potrebbero essere stati compiuti alcuni reati contestati. Nel corso della perquisizione effettuata dai carabinieri, sono stati sequestrati quattro quadri e una serie di documentazione che potrebbe dare nuovo impulso all’attività investigativa. Il tutto è stato ritrovato all’interno di un locale adibito a laboratorio e, dunque, con tutto il necessario – secondo gli investigatori – per contraffare le opere d’arte.