MACERATA – «Gli studenti ti tengono vicino alla vita, nel bene e nel male. E le canzoni devono parlare di quello, della vita». Sono le parole di Davide Zilli, vincitore di Musicultura 2018, che meglio riassumono il racconto che l’artista ha intessuto ieri, giovedì 4 ottobre, per i giovani universitari accorsi ad ascoltarlo alla biblioteca centrale dell’ateneo maceratese.
Il cantautore è in moto perpetuo tra concerti sparsi per l’Italia la sera e la scuola dove insegna italiano di giorno. «Fortunatamente mi piace guidare – ha puntualizzato – e ho imparato a dormire poco». Torna sempre volentieri a Macerata, dove ha detto di trova un bellissimo clima di accoglienza già da prima del suo trionfo al Festival della musica popolare e d’autore, quando si esibiva nei locali per “una trentina di persone”.
«Penso che oggi bisognerebbe recuperare un po’ il sorriso. È facilissimo scrivere una canzone semi seria, rifugiandosi nella cripticità. È più difficile scrivere cose semplici”. L’autore di “Coinquilini” e “Ballata dei giorni di laurea” è stato scelto dall’università di Macerata come l’ospite per presentare i servizi di orientamento al lavoro, a cominciare dai seminari messi a punto con l’Istituto Adriano Olivetti di Ancona in partenza a metà ottobre per aiutare gli studenti a fare un bilancio delle proprie capacità e a sviluppare competenze trasversali. «L’ho avvicinato per invitarlo dietro le quinte di Musicultura, prima ancora che fosse proclamato vincitore – ha raccontato il direttore generale di Unimc Mauro Giustozzi –, perché ha dimostrato una vicinanza evidente alle problematiche della scuola, dell’università, della formazione, dei giovani».
A illustrare le iniziative di placement sono stati la delegata del rettore Pamela Lattanzi insieme a Massimiliano Duca e Paolo Ragni dell’Istao. Zilli, intervistato dalla giornalista Sara Santacchi, ha cercato anche il dialogo diretto con il giovani pubblico.
«Insegnare è una cosa che consiglierei a tutti. Quando insegni qualcosa a un adolescente che scoppia di ormoni, a cui non importa niente dei poeti petrarchisti, impari a togliere, a selezionare solo le cose che pensi possano essere percepite e amate dal cittadino medio», ha detto. E ancora: «La musica non provoca, ma accompagna i mutamenti sociali. È stata la colonna sonora necessaria ma non sufficiente. Questa funzione civile della musica potrà tornare, ma non è ancora il momento. Oggi, anche guardando i social, vedo che siamo malati di retorica. Si parla per slogan, con linguaggi da corteo che mi infastidiscono. Amo di più parlare sottovoce, non di grandi temi, ma delle piccole cose più concrete». Passando, poi, al lato più prosaico della vita da musicista: «Bisogna trovarsi un lavoro e poi fare arte. Avere un minimo di tranquillità economica per poter anche selezionare. Chi campa di sola musica rischia di diventare infelice accettando di fare di tutto. È importante chiedersi dove si vuole arrivare». Le sue passioni oltre alla musica e all’insegnamento? «Amo molto il cinema. Mi sarebbe molto piaciuto lavorare come sceneggiatore o attore. La mia passione più sordida? Buttare e selezionare gli oggetti, vivere con poco”.