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Dazi, borse in rosso. Lo Turco: «Prodotti Marche direttamente esposti. Serve intervento europeo»

A far segnare profondo rosso le borse europee è «l'incertezza» spiega l'esperta di Economia Politica dell'Univpm

Bandiera Usa (Foto di kiora_geta da Pixabay)

ANCONA – Borse europee in fibrillazione ormai da giorni dopo l’introduzione dei dazi Usa del 20% su quasi tutti i prodotti Ue e del 25% sulle automobili prodotte in Europa. Ma anche Wall Street non va meglio. La gran parte delle borse sono in rosso «a causa dell’incertezza generata dai dazi» introdotti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, spiega Alessia Lo Turco, professoressa di Economia politica all’Univpm. «I mercati finanziari manifestano timore rispetto alle prospettive di crescita globale – spiega – con i dazi gli Usa di fatto si ritira dalla cooperazione internazionale uno dei principali Paesi importatori: gli Stati Uniti».

A far segnare profondo rosso le borse europee è «l’incertezza assoluta su cosa potrà accadere. Le imprese non sanno se delocalizzare o meno». Mentre si attendono le contromisure che potrebbero essere adottate dall”Unione Europea e dalla Cina, «occorre negoziare con l’amministrazione Trump e le frattempo collaborare con le altre economie coinvolte dalla guerra dei dazi per evitare che si inneschi un effetto domino che può portare i mercati a proteggersi dal rischio di essere invasi dai prodotti che non riescono più ad essere venduti sul mercato americano». Secondo l’esperta l’Italia dovrebbe «guardare ai mercati europei e spingere sull’integrazione reale dell’economia europea per abbattere le barriere residuali, mentre nelle altre aree (extra Ue. n.d.r.) è bene agire a livello europeo e non come Paesi singoli, per aprirsi strade verso mercati a maggior potenziale di crescita».

Alessia Lo Turco dell’Univpm

Quali i mercati più promettenti per l’Italia e le Marche? «L’India e l’Indopacifico più in generale, ma serve appunto una dimensione europea, sia per i negoziati commerciali, sia per gestire più efficacemente le crisi geopolitiche in atto, come ad esempio gli attacchi Houthi alle navi che transitano nel Canale di Suez, nel Mar Rosso e che aggravano i costi di commercio ostacolando il transito delle merci». Per quanto riguarda le Marche tra i settori più esposti ci sono «moda, agroalimentare, componentistica e macchinari – prosegue – per questi ultimi due settori è difficile pensare che nell’immediato possa esserci una sostituzione, ma nel medio termine questo rischio è più concreto».

Professoressa rischiamo una recessione? «Si c’è un rischio di recessione. Le Marche in questo contesto si trovano esposte direttamente per via della tipologia di prodotti esportati, ma per quanto riguarda le esportazioni negli Usa di prodotti di nicchia, come agroalimentare e moda, è difficile pensare che i consumatori Usa si lascino scoraggiare da un incremento di costo del 20%. I più esposti sono i produttori che si collocano nelle fasce medio basse: questi potrebbero vedersi soppiantati da competitor del Sud America che hanno dazi più bassi dei nostri».

Secondo l’economista l’impatto dell’ondata di dazi americani non risparmierà neanche gli States dai suoi effetti negativi, specie nell’immediato. «I dazi erodono il reddito reale dei consumatori, specie con tariffe così importanti verso un gran numero di Paesi e per prodotti che gli Stati Uniti neanche producono. Una misura che riduce nell’immediato il benessere. Difficile dire chi ci perderà di più – puntualizza – perché si tratta di una situazione inedita che finora non si era mai verificata in una tale portata: i precedenti della prima amministrazione Trump erano circoscritti e solo per alcune aree, mentre ora tutto il mondo si deve riorganizzare e sembra difficile che il presidente degli Stati Uniti torni indietro».